PHOTO
"Un uccello non canta perché ha una risposta, canta perché ha una canzone" recita un antico proverbio cinese.
Nella scena musicale moderna, del largo consumo giovanile, la tendenza media sembra quella di imitarsi un po' a vicenda, in un canone dettato troppo spesso da autotune, suoni precampionati ed artificialmente assemblati e, da poco, anche lo zampino dell'intelligenza artificiale.
Sulla sponda opposta, l'eco e l'esempio del cantautorato originale, di quelli che imparano di più guardandosi intorno che imitando musica e mode degli altri, che non solo ascoltano ma sentono, in un processo che parte da un'idea e arriva all'anima.
Fiero esponente di questa categoria è Francesco Baccini, cantautore genovese classe 1960 ed autore di grandi successi tra cui "Le donne di modena", "Sotto questo Sole" e "Ho voglia di innamorarmi".
L'Accademia del Pop, con la direzione artistica di Massimo Satta -talento isolano della musica e della chitarra-, ha organizzato una serata/masterclass ed un successivo concerto presso il Teatro Massimo di Cagliari, riscuotendo grande successo tra un pubblico, disparato per età e provenienza.
L'appuntamento è il sesto del calendario dell'Accademia (che, attraverso didattica e musica dal vivo, promuove la musica pop come espressione artistica, sociale ed ecomomica) e si colloca dopo altri imperdibili eventi che hanno visto protagonisti Mogol, Franco Mussida, Omar Pedrini, Laura Valente e Peter Erskine.
"Io ho iniziato da bambino: mi regalarono un organetto Bontempi e così, anziché giocare fuori con gli amici, cominciai a suonare" esordisce Baccini "Sarò grato a vita ai miei per avermi fatto studiare musica, tra mille sacrifici".
La formazione di Francesco, dunque, è da professionista, da musicista classico.
Finché, quasi come "reazione" ai maestri che gli sconsigliavano assolutamente altri generi musicali, comincia ad ascoltare Jazz e Blues.
Quale è stata la scintilla della sua fortunata carriera?
"All'ottavo anno di pianoforte vado in crisi e smetto di studiare. Comincio a soffrire di attacchi di panico, cosa difficile da spiegare negli anni '80. Una sera vado in un locale a Genova e, puntualmente, mi viene un attacco di panico. Vedo un pianoforte che faceva arredamento... vado, comincio a suonare... ed il panico sparisce! La cosa si ripete, arrivavo a suonare anche 4 ore per allontanare ansie e problemi. Che strano per uno che fin dalle elementari era un timidone! Una sera qualcuno mette un microfono ed io per la prima volta parto a cantare".
A un certo punto, comincia la sua produzione personale "non ispirandomi mai a nessuno perché non ascoltavo i cantanti, ma non per "male" eh!"
Un'incidente lo costresse parecchio tempo a letto, lasciando come unica evasione la lettura ed un giradischi: "I cugini più grandi mi regalarono qualche disco di un tale De André, di un tale Tenco... puro caso che fossero genovesi come me eh! Cominciai a capire che in una canzone il testo era una parte importante, mentre per chi andava a Sanremo o Canzonissima il testo spesso contava tanto quanto".
Si può dire che Baccini non ha mai abbracciato un genere musicale, ogni canzone può avere un suo genere.
La serata prosegue tra ricordi, aneddoti e riflessioni che hanno accompagnato la sua vita e la sua carriera, da quando scappò di casa per inseguire a Milano (...dormendo in auto!) il suo sogno musicale alle recenti esperienze in giro per il mondo.
Emergono due grandi orgogli del cantautore genovese: la sua ricerca dell'originalità, anche a scapito della fortuna con le case discografiche (supportata, in origine, da un affascinato Vincenzo Mollica), e l'amicizia e collaborazione con Fabrizio de André, che si presentò assieme a Dori Ghezzi alla presentazione di un disco di Baccini (non più di una ventina di presenti) perché lo aveva visto in televisione ed era rimasto colpito dalla somiglianza con Luigi Tenco.
"Un artista può anche diventare un prodotto, se quel che fa nel momento in cui lo fa "va di moda". È invece impossibile il contrario: se nasci come prodotto, molto molto difficilmente avrai caratura artistica".
La serata successiva, Francesco regala al pubblico due ore di successi alternati a brani meno noti. Spiccano nella scalletta: "In fuga" (toccante balld terzinata dedicata al grande Marco Pantani), "È una notte di neve" (dedicata alla madre, in un'atmosfera intima, caratterizzata dalla legatura, che indica in musica un gruppo di note da suonare in un'unica emissione... in questa poesia, il legame del figlio con la madre, uno dei più forti ed eterni esistenti), "Mani di Forbice" (ispirata all'omonimo film, contro la discriminazione e la paura delle diversità), "Sotto questo sole" (curiosamente nata dopo una sbronza con vino lambrusco dolce), "Le donne di Modena" (brano che mette alla berlina il gallismo italiano) e "Genova Blues" (dove l'armonica a bocca ricorda il primo innamoramento oltre la musica classica).
Non mancano i tributi a De André (Ballata dell'Amore Cieco, Creuza de Ma) e ben due bis: "Berenice" (surreale storia d'amore con una bambola gonfiabile, poi "stroncata da una MS Blue") e "Shrek Alleluia". Quest'ultima, è un po' una summa dello spirito di Francesco Baccini: sognatore ostinato e convinto, talora spavaldo ma a volte ripagato.
Il brano nasce dopo la visione di un cartone animato col figlio; il cantautore ascolta "Alleluia" di Cohen e pensa di scrivergli per chiedergli il permesso di rielaborarla in italiano. Pura follia non degna di risposta... al punto che Cohen, dopo due settimane, gli risponde positivamente, dicendosi affascinato dal suono della lingua italiana!