"Non riesco a rendermi conto di quello che ho fatto, mi sembra impossibile". Lo ha detto Igor Sollai, 43 anni, attualmente detenuto con l'accusa di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere per aver ucciso e nascosto il corpo della moglie, Francesca Deidda, 42 anni, scomparsa da San Sperate il 10 maggio scorso. I resti della donna sono stati ritrovati il 18 luglio in un borsone nelle campagne tra Sinnai e San Vito, vicino alla vecchia statale 125. Durante una lunga confessione rilasciata ieri nel carcere di Uta davanti ai suoi avvocati Carlo Demurtas e Laura Pirarba e al pm Marco Cocco, Sollai ha confermato ogni dettaglio contestato.

"Siamo stati contattati dal signor Sollai - spiegano all'ANSA gli avvocati Carlo Demurtas e Laura Pirarba - che dopo una profonda riflessione e una serie di confronti con noi, nel corso dei quali abbiamo esaminato tutte le risultanze, ha deciso di rendere piena confessione. Il primo interrogatorio è durato circa quattro ore, ma nelle prossime settimane ci saranno ulteriori appuntamenti per definire ogni aspetto".

Da quanto si apprende, l'interrogatorio, durato circa quattro ore, si è concentrato sulle circostanze del delitto, con Sollai che ha confessato di aver ucciso la moglie con un martello e poi avrebbe parlato dell'occultamento del cadavere. Ma non solo. Incalzato dalle domande, si sarebbe soffermato anche sugli elementi relativi a cosa ha fatto dopo aver nascosto il corpo della moglie. L'interrogatorio, iniziato nel tardo pomeriggio e concluso di notte, riprenderà nelle prossime settimane. Si prevede che durante un nuovo interrogatorio verrà affrontato il movente del crimine.

Sollai descrive l'omicidio, ma non rivela il movente

La tragica scoperta del corpo senza vita della moglie avvenne il 18 luglio, dieci giorni dopo l'arresto di Sollai. L'autopsia ha rivelato che la donna è stata uccisa nel sonno sul divano di casa della coppia a San Sperate, paese a una ventina di chilometri da Cagliari, colpita ripetutamente alla testa con un oggetto contundente. Prima della sua confessione, il pm Cocco era già convinto della responsabilità di Sollai, basandosi su prove raccolte durante le indagini. Tra queste prove ci sono i dati dei navigatori satellitari delle auto di Sollai, che indicano soste vicino al luogo in cui è stato ritrovato il corpo della vittima, insieme a registrazioni di telefonate e attività sui computer, l'acquisto sospetto di alcune piante trovate vicino al cadavere, le sue dichiarazioni poco convincenti durante gli interrogatori e il possibile movente: una relazione extraconiugale e un'assicurazione sulla vita da 100.000 euro stipulata con la moglie. La Corte di Cassazione ha recentemente respinto il ricorso della difesa, confermando la decisione di mantenere Sollai in carcere, considerando gravi gli indizi contro di lui e il rischio di fuga e di manipolazione delle prove.