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I dipendenti dell'ospedale Microcitemico di Cagliari si preparano a protestare contro i contenuti di una proposta di legge che metterebbe a rischio il futuro dell'ospedale, lasciandolo a nuovi cambiamenti improvvisi.
Il malcontento è emerso durante un'assemblea organizzata oggi dalla Fp Cgil di Cagliari, alla quale hanno partecipato il segretario territoriale Nicola Cabras, i segretari regionali della Cgil Sardegna Fausto Durante e della Fp Cgil Roberta Gessa. Il sindacato ribadisce la sua opposizione a una nuova riforma, sottolineando che ridefinire i confini delle aziende sanitarie potrebbe aggravare ulteriormente il collasso del sistema sanitario. Secondo la Cgil, potenziare Ares non è la soluzione, ma è necessario restituire le sue funzioni alle Asl.
Il sindacato critica il testo punto per punto, poiché non affronterebbe le emergenze né risolverebbe i problemi incontrati quotidianamente dai cittadini a causa di un servizio sanitario inadeguato, che porterebbe addirittura il 13,7% dei sardi a rinunciare alle cure. Le principali criticità riguardano le lunghe liste d'attesa, la carenza di personale sanitario, posti letto, medici di base e pediatri, oltre all'assenza di una rete territoriale che garantisca a tutti, sia nei centri urbani che nelle zone più remote, l'accessibilità ai servizi sanitari. La Cgil sottolinea la necessità di interventi mirati e concreti, partendo da una pianificazione a carico dell'assessorato alla Sanità, il quale deve fornire linee guida chiare per valutare i risultati ottenuti.
Oltretutto, la Cgil ricorda che "in campagna elettorale l'attuale maggioranza aveva promesso interventi mirati, quelli che il sindacato continua a rivendicare, e non certo una nuova riforma che sposta ancora più in là la risoluzione dei problemi. Ecco perché la mobilitazione dal Microcitemico si allargherà inevitabilmente alle altre strutture ospedaliere in sofferenza, a Cagliari come nel resto della Sardegna, senza escludere uno sciopero generale per far capire a questa Giunta, al Consiglio regionale, alle forze politiche, che occorre cambiare passo, che non solo devono confrontarsi ma devono anche ascoltare cioè che gli viene detto da chi, quotidianamente, vive e registra i disagi in tutte le corsie degli ospedali come in tutte le strutture e le realtà deputate a garantire il diritto alla salute che oggi è sostanzialmente negato".