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“A distanza di molti anni dalla guida alla Regione Autonoma della Sardegna da parte di Mario Melis, primo Presidente sardista, con il dibattito in corso sulla richiesta di autonomia da parte di alcune Regioni a statuto ordinario del nord Italia, si creano le condizioni perfette per rinvigorire il dibattito che da molti anni “scuote” le coscienze della classe politica e degli intellettuali della nazione sarda: il superamento della stagione autonomistica – così come la conosciamo dal secondo dopoguerra – con la scrittura di un vero Statuto Autonomistico, che metta al centro il popolo sardo e il suo diritto all’esistenza, la sua lingua e di conseguenza il diritto all’autodeterminazione nazionale concepita in tutte le sue forme”.
Lo sottolineano in una nota gli attivisti di Caminera Noa che aggiungono: “Politicamente siamo ben lontani dalle posizioni del presidente Solinas e soprattutto dalla scelta scellerata di accordarsi con un partito xenofobo e padronale come la Lega, perciò vigileremo con attenzione perché in Sardegna non vengano imposte le medesime politiche repressive e securitarie di matrice razzista, che ormai da decenni spadroneggiano nel Nord Italia nelle amministrazioni egemonizzate dalla Lega”.
“Non possiamo però non recepire positivamente – rimarcano da Caminera Noa – la Proposta di Legge Nazionale elaborata dal presidente del PSdAz e presentata al Consiglio Regionale della R.A.S. nel settembre del 2015, poi ripresentata in Senato come DdL Costituzionale, di cui Solinas è il primo Senatore firmatario, comunicato alla Presidenza del Senato della Repubblica italiana il 20 giugno 2018”.
“Una riforma – a loro modo di vedere – incentrata sull'uso del sardo – richiamandosi alla giurisprudenza in materia di tutela delle minoranze linguistiche adottata dalle province autonome di Trento e Bolzano e dalla Val D'Aosta – e sul suo insegnamento nelle scuole, che può dare lo slancio necessario per rimettere in discussione l'intero testo dello statuto, che ad oggi non sancisce nemmeno l’esistenza del nostro popolo, non tutela la nostra lingua, la nostra cultura e tantomeno prevede sovranità in materia di politica economica e fiscale”.
Caminera Noa denuncia il fatto che “Nessuna giunta regionale, dal dopoguerra ad oggi, ha seriamente affrontato la questione della totale insufficienza dello Statuto Autonomistico Sardo e ogni dibattito è stato lasciato cadere nel vuoto a causa dell’inconsistenza delle classi dirigenti sarde omologhe a quelle italiane, che si sono susseguite alla guida della Regione Autonoma. Persino Emilio Lussu denunciò l’incompletezza del testo, poiché spogliato di tutto ciò che il sardismo aveva proposto già dall’immediato dopoguerra per garantire la permanenza pacifica dei sardi nella cornice unitaria dello Stato italiano”.
“Solo così – a loro modo di vedere – si aprirà un ragionamento concreto sulle fonti normative che regolano la vita quotidiana e il destino del popolo sardo, così da cominciare a costruire il futuro della nostra Terra (e di tutti coloro che vi risiedono per nascita, scelta, vocazione o altro) e poter decidere finalmente quali siano le norme che regolino la società sarda autodeterminata e libera dalle politiche neocoloniali, volte a sottomettere ulteriormente l'isola, il suo popolo e a depauperare le sue risorse economiche, ambientali ed intellettuali”.
“La possibilità – concludono gli attivisti – che finalmente la Sardegna possa conquistare una carta dei diritti che permetta il dovuto riconoscimento del suo ruolo nella storia delle nazioni del mondo, facendola così uscire da un’idea diffusa di “minorità” che necessita sempre di un “tutore” estraneo, deve essere il frutto di uno sforzo collettivo e popolare, di una spinta che parta democraticamente dal basso, quindi dallo stesso popolo sardo, e non da riforme imposte in maniera meccanica e burocratica”.