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Questa mattina, i protagonisti della manifestazione sotto il Palazzo di via Roma a Cagliari sono stati i Canapicoltori sardi. Hanno richiesto un appoggio pratico, da parte della politica, a un settore che nell'Isola ha grandi potenzialità, tuttavia molto limitate dall'escalation di sequestri e dai dubbi interpretativi sulla legislazione in materia.
«Fa male vedere che proprio in Sardegna, dove la produzione è enorme e potenzialmente di altissimo livello, c'è un atteggiamento ostativo - dice Massimo Cossu, presidente di Canapa Sativa Italia - quindi l'approvazione di un provvedimento regionale ci darebbe maggiori possibilità».
Nessuna protesta ma una richiesta urgente di un tavolo di lavoro e confronto tra istituzioni perché si possa arrivare a disciplinare un settore che potrebbe essere non solo un'alternativa ma una grande opportunità di lavoro per tanti giovani e per valorizzare terre e luoghi improduttivi.
Per tutta risposta, i capigruppo dell’Assemblea sarda di maggioranza e opposizione hanno assicurato che sarà presto discussa in Consiglio regionale la legge sulla coltivazione della canapa industriale. Si partirà dal testo unificato, frutto di due proposte di legge presentate dal Psd’Az e dal Movimento5 Stelle, approvato nelle scorse settimane dalla commissione “Attività produttive” con la sola astensione dell’Udc. «Il provvedimento potrà essere emendato accogliendo alcune delle proposte fatte dagli operatori del settore – ha detto il presidente del Consiglio regionale Michele Pais – c’è però la necessità di coordinare il testo con la normativa nazionale in modo da evitare eventuali impugnazioni da parte del Governo. Su questo argomento non deve esserci un approccio di carattere ideologico. Siamo consapevoli che si tratta di un settore che sta creando economia e reddito nell’Isola».
In questi ultimi mesi moltissimi coltivatori hanno dovuto subire controlli e sequestri delle produzioni da parte delle forze dell’ordine. «Il Consiglio ha affermato Pais – non potrà in ogni caso incidere sulle norme di carattere penale, né modificare altre leggi nazionali». La normativa nazionale è infatti poco chiara e non consente agli operatori di lavorare in serenità. I coltivatori contestano, in particolare, l’interpretazione restrittiva di alcune norme da parte delle Procure sarde – contrariamente a quanto avviene in altre regioni italiane – che hanno fatto scattare nell’Isola numerosi procedimenti penali a carico di decine di coltivatori.