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"Cercavo un mare calmo e ho trovato te, col vento così forte, non dirmi buonanotte...". C'è qualcosa di profondamente sinistro nella voce di G.C., unica componente donna del commando che ha partecipato al delitto di Manuel Careddu, mentre canticchia la hit di Giusy Ferreri in auto, pochi minuti dopo l’omicidio del 18enne di Macomer.
E' la notte dell’11 settembre 2018 e gli assassini si allontanano dalle sponde del lago Omodeo, dove hanno compiuto il delitto, a bordo dell’auto del padre di Christian Fodde, ritenuto essere l’esecutore materiale del delitto. La microspia, installata per puro caso sull’auto nell’ambito di un’altra indagine, registra minuto per minuto la cronaca dell’orrore consumatosi in quelle ore.
Le voci degli assassini e della vittima sono state ascoltate ieri, nel Tribunale dei minori di Cagliari, in occasione della prima udienza del processo per l’omicidio di Manuel. Imputati sono proprio G.C., 17 anni, e C.N., minorenne all’epoca dei fatti e oggi 18enne. Le intercettazioni ricostruiscono fedelmente le fasi preparative dell’omicidio e i tentativi di insabbiare quanto accaduto.
Il legale di C.N., l’avvocato Gianfranco Siuni, aveva presentato istanza di rito abbreviato condizionato alla perizia psichiatrica del giovane e mirando a dimostrare l’immaturità del suo assistito. Giancarlo Frongia, difensore di G.C., aveva invece chiesto che l’abbreviato fosse condizionato alla trascrizione integrale delle intercettazioni. La giudice Michela Capone, però, ha respinto tutte le richieste della difesa e così i legali hanno scelto l’abbreviato secco prima di ascoltare i dialoghi.
Manuel è in auto, incerto e sospettoso poiché non ha chiare le intenzioni di quelli che saranno i suoi carnefici. Poi capisce che con loro ci sarà anche la ragazza, elemento che sembra dargli serenità. “Se vieni anche tu, se viene anche G.”, commenta quasi rassegnato. All’udire nuovamente la voce del giovane figlio scomparso, la madre Fabiola Balardi, presente in aula, viene travolta da un’ondata di emozioni contrastanti. Non resiste e abbandona il suo posto, esce fuori per riprendere fiato seguita dalla madre e dalla sorella. Poi trova la forza di rientrare e sedersi a fianco al proprio legale, Luciano Rubattu, e all’avvocato Gianfranco Piscitelli, che tutela il padre di Manuel, Corrado.
Quanto registrato dalle successive intercettazioni era già emerso in parte nelle scorse settimane. I dialoghi del pomeriggio dell’11 settembre registrati nell’auto di Fodde, quando il gruppo di giovani accarezza l’idea di ammazzare Careddu per quel debito di droga mai saldato. Manuel arriva in auto e viene convinto a seguire i giovani che gli promettono di raggiungere uno strano personaggio che dovrebbe consegnargli i 500 euro mancanti. In viaggio verso il lago i ragazzi si prendono gioco di Manuel. Si riferiscono a una casa sull’albero, come quella dei Puffi. Manuel è inquieto, non capisce fino a che punto può fidarsi del gruppo.
Poi un lungo silenzio, in auto rimane solo G.C., la ragazza. Gli altri si allontanano di qualche decina di metri e spariscono dietro un cespuglio. Lei sa cosa sta accadendo, quando gli amici tornano il dramma si è già consumato e Manuel è già cadavere poco più in là.
Il gruppo si allontana, Fodde indica la strada da seguire, ha in tasca la sim di Manuel e vuole farla sparire. La ragazza è sola in auto col fidanzato Christian Fodde, a processo dal 5 giugno a Oristano assieme agli altri maggiorenni del gruppo Riccardo Carta e Matteo Satta. Il giovane commenta soddisfatto: “Dovevi vedere come l’ho ridotto”. “Che cavolo ridi?”, risponde la fidanzata in tono scherzoso. Poi la paradossale leggerezza di intonare il motivetto: “Cercavo un mare calmo e ho trovato te…”.
Fra risate e canzonette tornano a Ghilarza. Cercano di cancellare ogni traccia del delitto. E’ l’inizio di una lunga notte.