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Lavoro nero e caporalato nelle campagne del Sulcis, sud ovest della Sardegna. Nei guai un allevatore di Siliqua. Quando i carabinieri dell'Ispettorato del lavoro di Cagliari sono entrati nella sua azienda agricola hanno trovato due uomini, un italiano di 52 anni e un giovane africano del Mali di 28, scoprendo che entrambi erano impiegati in nero. Ma a colpire i militari sono state soprattutto le condizioni dell'extracomunitario: senza mezzi di locomozione, non potendo allontanarsi dall'azienda, era costretto a vivere in una sorta di cubo di cemento di pochi metri quadrati, senza adeguati servizi igienici. Il ragazzo era lì da più di un mese e - secondo i primi riscontri - aveva ricevuto come retribuzione soltanto poche centinaia di euro in contanti. Era lo stesso datore di lavoro a portargli da mangiare quando si recava personalmente in azienda.
Oltre a comminare le sanzioni per il lavoro irregolare (3.600 euro), gli uomini dell'Ispettorato hanno sporto denuncia nei confronti dell'imprenditore ai sensi del 603 bis del codice penale, l'articolo che punisce chiunque assume, utilizza o impiega manodopera sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno. Il proprietario dell'azienda rischia ora una pena detentiva da 1 a 6 anni, oltre ad una multa di 1.000 euro. Un reato che prevede anche l'arresto in flagranza, ma l'imprenditore in questione si è reso irreperibile al momento dell'arrivo in azienda degli ispettori in divisa.
Non solo: i carabinieri - coinvolti nell'operazione anche i militari della compagnia di Iglesias - hanno anche riscontrato che erano in corso all'interno della azienda attività di costruzione edile. E pura in questo caso, gli operai trovati intenti al lavoro (due italiani) erano in nero e alle dirette dipendenze dell'agricoltore. È stata quindi disposta l'immediata sospensione dell'attività e comminate sanzioni per ulteriori 5.600 euro.