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"La Sardegna registra un numero di detenuti in alta e massima sicurezza pari circa al 37% dei reclusi. Sono infatti circa 900 (92 in 41bis) su 2321ristretti. Un numero particolarmente significativo perché si tratta di reclusi, con pene piuttosto alte, quasi tutti provenienti dalla Penisola, concentrati in 5 Istituti Penitenziari su 10. Per contro il numero dei Direttori è ormai ridotto all’osso. Sono solo 4 e a due di loro, oltre a due o tre carceri, sono assegnati importanti incarichi per il Provveditorato regionale. In queste condizioni diventa davvero difficile garantire un equilibrio tra attività trattamentale e sicurezza. Il sistema detentivo insomma risulta scarsamente efficiente creando un profondo disagio anche agli Agenti Penitenziari”.
Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, esaminando i dati diffusi dal Ministero della Giustizia che fotografano la realtà isolana al 31 ottobre 2019.
“E’ ancora una volta la conferma – osserva – che il principio della territorialità della pena è disatteso e che la Sardegna, nella concezione del Dipartimento appare come il luogo ideale di “esclusione sociale” di persone che avrebbero particolare necessità di una risocializzazione e reintegro nelle proprie comunità. Viene quindi accentuata la scarsa economicità del sistema. Anche la motivazione che si tratta di personaggi della criminalità organizzata non sembra una giustificazione plausibile perché prima o poi, concluso il periodo di detenzione assegnato dal Tribunale, dovranno uscire dal carcere. Non si può inoltre ignorare che la Sardegna con 712 reclusi figura al 14/mo posto per il numero di stranieri. Un dato sconcertante se paragonato agli abitanti. La Puglia con oltre 4 milioni di residenti è al 19/mo posto e la Campania con quasi 6 milioni al 20/mo. C’è poi il mistero delle Case di Reclusione all’aperto (le tre Colonie Penali) dove a fronte di 692 posti ci sono 375 detenuti (54;1%). Ciclicamente vengono annunciati progetti per rilanciare le attività produttive e offrire opportunità di lavoro e formazione ai reclusi, ma ormai il sistema è bloccato anche per l’inadeguatezza del numero degli amministrativi. L’invecchiamento del personale e quindi il pensionamento stanno incidendo negativamente sulla possibilità di mantenere in vita soprattutto le Colonie Penali”.
“C’è infine la questione del superamento del numero regolamentare a Cagliari-Uta (581 per 561 posti); Sassari-Bancali (475 per 454), Alghero (161 per 156). Risultano ormai saturi Tempio Pausania (161 per 168 posti), Oristano Massama (260 per 265) e Nuoro (276 per 385 – è chiusa però una sezione di circa 100 posti per ristrutturazione). Insomma quello anche il sovraffollamento detentivo resta un problema importante e delicato, specialmente perché in assenza di lavoro, i detenuti rischiano di restare dentro le celle per 22 ore su 24. La realtà isolana merita l’attenzione della politica anche perché occorre fare una verifica – conclude Caligaris – sulla efficienza del sistema sanitario penitenziario. Sempre più spesso nelle carceri mancano i medicinali con grave nocumento al diritto alla salute, altra norma costituzionale spesso non garantita”.