' La legge 194 NON SI TOCCA ' è il titolo dell'iniziativa promossa dalla Cgil di Cagliari in occasione delle celebrazioni per la Giornata internazionale della donna , per fare il punto sull'applicazione della legge che stabilisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, il valore sociale della maternità e le modalità di interruzione volontaria della gravidanza , a 46 anni dall'approvazione di quella che venne definita già al tempo in un manifesto dell'Unione delle Donne Italiane " Un primo strumento ".

Nel pomeriggio di venerdì 8 marzo esperti e rappresentanti della politica, del sindacato e del territorio, tra cui Viviana Figus della segreteria Cgil Cagliari, la segretaria generale della Cgil Cagliari Simona Fanzecco, l'onorevole Amalia Schirru, il ginecologo Marco Pistis, l'avvocata Rosanna Mura, Diletta Mureddu responsabile del Centro Donna Cgil Cagliari e Susanna Pisano, esperta di politiche di genere, si sono incontrati per una riflessione collettiva sui diritti " che quella legge dovrebbe garantire " , analizzando la situazione che si presenta al giorno d'oggi, risultati ottenuti e obiettivi da raggiungere, in Sardegna, in Italia ma anche in Europa e all'estero.

Era il 18 maggio del 1978 quando passò, in Senato, il testo definitivo che soppresse le fattispecie di reato previste dal titolo X del libro II del codice penale tramite l'abrogazione degli articoli dal 545 al 555, e le norme di cui alle lettere b ) ed f) dell'articolo 103 del TU delle leggi sanitarie. Quattro giorni più tardi, nella Gazzetta Ufficiale, venne pubblicata definitivamente quella che oggi conosciamo, più familiarmente, come 'legge 194'.

Si trattò di una conquista importante per le donne, una rivoluzione culturale e sessuale che aveva coinvolto gran parte della società italiana, movimenti femministi, per un passaggio in Parlamento durato circa due anni, essenziale per l'autodeterminazione della persona, in un Paese dalla forte impronta di matrice conservatrice e cattolica, " governato al tempo dalla Democrazia cristiana ", ha ricordato l'On. Amalia Schirru .

Stando ai dati Istat 2021/2022, il numero di interruzioni volontarie di gravidanza è in costante diminuzione dagli anni '80: nel 2022 in Sardegna sono state 1288, erano 1382 nel 2021, quasi mille in meno rispetto a 10 anni fa, di cui il 28,6% nella provincia di Cagliari, seconda a Sassari con il 35,8%.

Chi ricorre più frequentemente all’IVG nell'Isola sono donne prevalentemente diplomate (44,9%) o con la licenza media (38%) e, in oltre 7 casi su 10, nubili (dato più elevato della media nazionale con il 59,7%).

Le percentuali per classi di età nella provincia di Cagliari vedono il 34,6% tra i 20-29 anni e il 45,2% tra i 30 e 39 anni, con il 72% di donne nubili, "quindi teoricamente donne occupate che magari non riescono a unire lavoro e famiglia, soprattutto se sole. C'è un tema che va assolutamente approfondito, quello del welfare" a trazione "familiare", ha evidenziato Diletta Mureddu, responsabile del Centro Donna Cgil Cagliari.

Sono infatti soprattutto le donne con un lavoro a far ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza: nel 2022 il 49,9% aveva un'occupazione, dato in crescita rispetto al 2021 (46,4%). Anche nella provincia di Cagliari con il 48% prevalgono le donne occupate e sono il 24% quelle in cerca di occupazione.

Oltre l’81% delle IVG avviene entro la 10 settimana di gestazione e più del 54% viene effettuato entro l’ottava, quota che nella provincia di Cagliari sale al 58,8%. Un aborto tardivo invece risulta più frequente tra le giovani con età inferiore ai 15 anni.

"Esistono due tipi di interruzione volontaria di gravidanza - ricorda Marco Pistis, ginecologo dell'A.O. Brotzu -. L'IVG farmacologica è sicuramente la strada più sicura. Può essere scelta entro il termine delle 9 settimane di gestazione e nel 90% dei casi è risolutiva senza la necessità di ulteriori attività se non un controllo dopo 14 giorni".

Il 96,5% delle IVG tra le residenti in Sardegna viene effettuata nell’Isola, anche se una quota superiore rispetto alla media nazionale ha dovuto raggiungere un’altra provincia di residenza (il 21,1%, è del 13% la media in Italia). Risulta inferiore rispetto al dato medio nazionale la quota di IVG svolte fuori regione.

Cambia da Stato a Regione il ruolo dei consultori: nella media nazionale prevale il suo ruolo nel rilascio della certificazione necessaria per richiedere l'avvio del percorso mentre in Sardegna, nonostante il numero di consultori attivi per 1000 donne tra i 15 e 49 anni sia mediamente superiore, pesano nel servizio per il 15,9%, contro il 43,7% del dato nazionale. Nell’Isola il rilascio della documentazione viene effettuato soprattutto dai servizi ostetrico – ginecologici (il 51%, a fronte del 34% in Italia) e risulta più incisivo anche il ruolo del medico di fiducia, coinvolto nel 27,4% dei casi, che sono il 20% nel resto della Penisola. Il problema? Probabilmente diversi, ma tra questi c'è anche la "mancanza di ecografi", sottolinea il Dr. Pistis. "Eppure - specifica - allo scopo non servono strumenti particolarmente evoluti. Parliamo di macchinari basilari acquistabili a prezzi contenuti".

Anche nella provincia di Cagliari il ruolo dei consultori risulta sottodimensionato, pur se superiore alla media regionale (19%), ma nella Città metropolitana è il medico di fiducia ad avere il peso maggiore nel rilascio dei certificati: ben il 41%, seguito dai servizi di ostetricia e ginecologia con il 29,65%.

In Sardegna, nel 2022, i tempi di attesa tra rilascio del certificato e intervento hanno registrato numeri migliori rispetto alla media nazionale: in oltre l’81% dei casi entro 14 giorni, percentuale che arriva all’87% nella provincia di Cagliari (la media nazionale è del 77%) con un dato, sardo e del capoluogo, in netto miglioramento rispetto al 2021 (rispettivamente 73% e 77%).

Le interruzioni avvengono in 8,4 casi su 10 nelle case di cura pubbliche, la media nazionale supera questi numeri di circa 6 punti percentuali. Nell'Isola è più diffuso il ricorso alle case di cura convenzionate (il 12% in Sardegna e appena il 3,7% in Italia) e nel Cagliaritano le IVG effettuate nelle strutture convenzionate salgono al 27%, mentre circa il 73% avviene negli istituti di cura pubblici.

Nel 63,6% delle strutture in Sardegna (ospedali e case di cura autorizzate) con reparto di ostetricia si pratica l’IVG (14 su 22, la media nazionale è del 59,6%). La quota di obiettori è più bassa rispetto alla media nazionale solo tra i ginecologi, con il 59,2% contro il 63,4% italiano, il valore sardo è superiore solo a quello medio del Nord (54%). Ma la situazione si inverte nel caso degli anestesisti obiettori, per i quali il dato regionale stacca la media italiana di oltre 9 punti percentuali (il 49,7% a fronte del 40,5% nazionale). L’obiezione di coscienza riguarda meno il personale non medico, anche se in misura lievemente superiore rispetto alla media.

Il trend italiano, rispetto al 2020, è in contrazione, ma in Sardegna la percentuale degli obiettori è in crescita: +3,6 tra i ginecologi e +1,9% tra il personale non medico.

"Questa legge è la più equilibrata tra quelle esistenti", ha detto Schirru. Ma "Qualche modifica alla cd 194 potrebbe essere fatta - sostiene invece Susanna Pisano, esperta di politiche di genere - come il periodo di riflessione, che anche secondo l'OMS andrebbe applicato ai minimi termini, al massimo, perché così come l'obiezione di coscienza, di fatto tende a impedire l'applicazione della normativa, in maniera sicura, senza rischi, senza pesi e in tempi brevi".

"Un diritto - l'accesso all’aborto - che si discosta da altri diritti delle donne, che tendenzialmente si affermano prima nelle aule giudiziarie e solo dopo in quelle parlamentari, nascendo da esigenze sociali. In questo caso", spiega l'avvocata Rosanna Mura, "parliamo di una libertà creata dal Legislatore, di seconda generazione, non nata da un’impellenza collettiva", ma da un sentito forse sì.

"C'è un oscurantismo e un autoritarismo da combattere - specifica Simona Fanzecco, segretaria generale Cgil Cagliari - anche creando dei canali di monitoraggio regionali sull'attuazione del diritto all'aborto. Dobbiamo essere promotori di questa libertà, affiché non si perda ciò che è stato con grandi difficoltà conquistato".