Giorno dopo giorno si susseguono le notizie di classi fermate per il Covid in tutta Italia.

Anche in Sardegna sono diversi i casi di positività registrati tra gli studenti che hanno portato alla quarantena di una o più classi. Ma con la riapertura delle scuole questo già si sapeva. Ciò che invece non si poteva ipotizzare ero lo stato di abbandono che le famiglie interessate avrebbero vissuto.

A tal proposito, ci ha scritto una mamma. La parola ricorrente nella sua lettera? Buon senso. Perché in questi casi, lo comprendiamo, ce n’è tanto bisogno.

“Buon senso?

Sono una madre di una bambina della scuola primaria di un piccolo comune del Meilogu. Vorrei raccontarvi la mia storia. Torniamo un po' indietro, al giorno 23 ottobre, quando mia figlia esce da scuola alle 13:30 lasciando i compagni e i loro docenti con un saluto dietro la mascherina: “Ciao maè a mercoledì".

L'istituto chiude fino a mercoledì 28 ottobre poiché sede di votazioni comunali.

Il giorno 24 ottobre mi viene comunicato che una compagna di mia figlia è risultata positiva al Covid. Si possono immaginare gli effetti di questa notizia sulle famiglie.

Il sindaco del mio  paese si è attivato subito comunicando l'isolamento dei bambini e chiudendo l'intera scuola, rassicurandoci e mettendosi a completa disposizione delle famiglie: l'unica autorità presente in questa storia (grazie al suo buon senso).

Faccio allora appello al mio di buon senso e chiudo la bambina in casa.

Cerco risposte, più che altro cerco un interlocutore a cui porre le mie domande.

Quando farà il tampone? Posso andare al lavoro? La sorella deve essere isolata anche lei?

I giorni passano e nessun provvedimento arriva: le responsabilità si rimbalzano tra scuola, Ats e Comune. Certo è che io non ho notizie, nessuno sa niente.

Dopo 5 giorni di silenzio, chiamano dalla scuola, a me e le altre famiglie per avvisarci che mia figlia deve stare in isolamento dentro una stanza senza contatti con i familiari (ma scusate cosa pensavano che fino a ieri eravamo felici e contenti al Matherland di Alghero?)

Inoltre, ci avvisano che è stato mandato al dipartimento di prevenzione l'elenco completo dei compagni di classe.

Mi affido a Google e spero che almeno lui possa darmi risposte. Digito "isolamento preventivo di un bambino in attesa di tampone" e leggo quanto segue: Bisognerebbe (il condizionale è d'obbligo) riservare al bambino una stanza dedicata, lasciarlo dormire da solo ed evitare la condivisione di qualsiasi oggetto e predisporre inoltre un bagno ad uso esclusivo del bambino" chiudo il pc e penso che dalla ala est del mio enorme castello sia tutto e a voi la linea!

Come potrei rinchiudere mia figlia in una stanza e spiegarle che io non sarò con lei in questa stanza e che dovrà stare senza mamma, senza abbracci, senza tutto e addirittura senza andare al lavoro?

Faccio  appello al mio buon senso e decido di lasciare mia figlia dentro la sua casa e dentro la sua famiglia.

Decido di rimanere a casa dal lavoro e parlo con la mia capa. Queste sono state le sue parole: "Ti fermo in attesa del tampone della bimba, forza siamo una famiglia"  e anche qui il buon senso c'è.

Il mio di buon senso c'è e c'è stato, il vostro come istituzioni dov'è?

L'umanità che tanto insegniamo ai bambini deve essere alla base di ogni rapporto più che mai nella scuola, quella stessa umanità che ho visto mancare in questi lunghi giorni.

I bambini della classe al 31 ottobre sono ancora in isolamento poiché nessuno ha chiamato per darci tempistiche o aggiornarci sui tamponi da fare. Personalmente, avvilita per la situazione, mi rivolgo a un privato per il tampone.

Faccio ora un appello, un appello al vostro di buon senso: si può lasciare una famiglia senza notizie in balia della lenta burocrazia? Soprattutto quando ci sono di mezzo dei bambini che Covid o no sono pur sempre bambini con le loro fragilità e paure?

Finalmente ai primi di novembre il dipartimento di prevenzione dà notizie: mercoledì fine isolamento con o senza tampone.

Penso "fine isolamento fino al prossimo caso di Covid”!

Abbiate forza bambini siete tanti piccoli guerrieri sicuramente più responsabili di molti adulti.

Una madre al tempo del Covid”