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“Questo libro vorrebbe essere un messaggio ai giovani e un aiuto di speranza alle persone fragili che si perdono nelle difficoltà e nei labirinti della vita. Vorrei dire ai giovani e a tutti di essere sé stessi, di lottare e superare i momenti in cui si sentono diversi da quello che impone la società”. È questo il messaggio che Claudia Campus vuole lasciare al lettore nella sua biografia, Perfettamente imperfetta, pubblicata a gennaio da Qui Edit e presentato a Berchidda in una splendida cornice il 26 marzo scorso.
Claudia è una ragazza di Berchidda, che fin dalla nascita convive con una rara malattia della pelle: l’epidermolisi bollosa, una patologia che mette ogni giorno a dura prova con lunghe medicazioni di ore e che, come complicanza, porta con sé dei problemi all’esofago che non sempre permettono di mangiare.
Il libro si compone di 43 capitoli brevissimi – preceduti da una piccola presentazione – che ripercorrono la sua vita e che si leggono velocemente grazie ad una prosa semplice ed efficace, a tratti davvero incisiva quando va a dare enfasi su certi aspetti dell’esistenza e della quotidianità che spesso, soprattutto a causa della vita frenetica di oggi, tendiamo a non valorizzare adeguatamente se non quando ci vengono poi a mancare.
Nel V capitolo, intitolato Il calvario della vita, la vita di Claudia inizia a complicarsi: le ferite sul corpo iniziano ad essere più persistenti e richiedono medicazioni via via più complesse: vicissitudine che la porterà, a malincuore, ad abbandonare la scuola mentre si accinge a frequentare – a suon di sacrifici – la prima superiore a Olbia. A queste ferite si iniziano ad aggiungere quelle del cuore, non meno dolorose e che stravolgono le impalcature su cui ella stava costruendo il suo nido pascoliano, quello che sino ad ora la aveva protetta dalle intemperie della vita. Figure fondamentali in questo senso sono quella della nonna Marietta e del padre Tonino.
Luigi Pirandello nell’XIII capitolo de Il fu Mattia Pascal scrive che gli uomini, quando soffrono, pretendono che gli altri siano obbligati a fargli del bene, quasi che dalle proprie sofferenze ne derivasse una sorta di diritto al compenso. Ebbene, quel che sbalordisce di Claudia è che anche nei momenti più difficili cerchi sempre di entrare nel cuore del prossimo, per comprenderne le azioni e le scelte. È una scena che si ripete più volte: quando avrebbe voluto trasferirsi a Olbia per proseguire gli studi, arriva alla conclusione che non sarebbe stato giusto stravolgere le abitudini del padre per una sua esigenza; ed ancora, quando si trova al Bambin Gesù di Roma in uno dei tanti ricoveri, il suo pensiero va ai bambini che soffrono, poiché i bimbi, dirà lei stessa, dovrebbero pensare solo a giocare!
Se durante la lettura del libro l’autrice ci mostra come, con un pizzico di empatia in più, si possa entrare nel cuore del prossimo, sul finale – con una geometria degna di ogni buon autore – Claudia ci svela come poter entrare nel suo, anche perché a questo punto, accompagnandola nella lettura del libro, probabilmente, ci siamo già riusciti! La sua figura diventa perciò emblema di tutte le persone che soffrono.
L’insegnamento di Claudia è universale. I ragazzi a cui viene diagnosticata l’epidermolisi bollosa vengono detti “ragazzi farfalla”, una metafora che le è sempre sembrata strana, poiché la farfalla è leggera e la malattia è pesante. Tuttavia, dice, la farfalla ha molto da insegnare. «La felicità è come una farfalla: se la insegui non riesci mai a prenderla; se stai tranquilla e non ti agiti, la farfalla può posarsi su di te».