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No al plexiglass, cancellazione dei tributi maturati nei mesi di chiusura delle attività e fino alla fine dell'emergenza, moratoria sugli affitti con indennizzo economico laddove non arriva lo Stato, finanziamenti a fondo perduto parametrati alla perdita di fatturato, prolungamento degli ammortizzatori sociali. Sono queste alcune delle proposte di Confcommercio Sardegna che ha definito un decalogo per la Fase 2, chiedendo alla Regione la riapertura immediata, non più tardi del 18 maggio, di bar e ristoranti: "Il rischio - dice l'associazione - è la morte certa delle imprese del settore".
Le imprese del variegato mondo del commercio nell'Isola sono 57.729 (di cui 11420 dei servizi di ristorazione) e rappresentano il 12,2% del Pil isolano. Un numero importante sul totale delle imprese attive (143.122) e del Pil regionale (13,9% industria, 6,1% turismo-ma senza l'indotto- 4,3% agricoltura, il restante é imputato all'economia dei servizi compresa la pubblica amministrazione).
"Il danno determinato dall'emergenza sanitaria e dalla conseguente chiusura è incalcolabile soprattutto se si considera l'indotto occupazionale (15,5% del totale Sardegna) - dice Nando Faedda presidente di Confcommercio Sardegna - Oggi la maggior parte dei lavoratori del comparto è in cassa integrazione. Se non ci attiviamo quanto prima per la riapertura la chiusura definitiva di molti è ormai inevitabile".
"Tutti i nostri esercenti ormai conoscono le circolari del ministero per la sanità sulla sanificazione - conclude -, sanno cosa devono fare per gli accessi nei punti vendita come anche per il distanziamento sociale. I lavoratori sono in attesa di riprendere".