LE MINACCE “Vogliamo la tua testa per giocare a pallone e poi inneggiano al padrone invocando le pecore da contare”.

L’ex deputato sardo e leader di Unidos Mauro Pili ancora una volta viene minacciato sul suo profilo social. 

LA PROROGA DELLA CONVENZIONE Al centro della questione ci sarebbe l’esposto presentato proprio da Pili alla Procura di Roma e inviato agli atti all’Autorità anticorruzione per quanto riguarda l’ipotesi di proroga relativa alla continuità marittima in scadenza a luglio 2020.

“Questi due soggetti - spiega il leader di Unidos - entrambi dipendenti di Onorato, rappresentano in modo eloquente l'eleganza e l'educazione che contraddistingue un servizio inappuntabile. Gente avvezza a giocare a pallone con la testa del malcapitato e che confondono il lavoro con il servilismo. Ovviamente anche questi due soggetti, alla pari degli altri, sono stati segnalati all'autorità giudiziaria. È fin troppo evidente che dietro questo tipo di minacce c'è una regia evidente che già tempo fa avevo segnalato alle autorità competenti. Domani mi recherò personalmente in questura per formalizzare tutti gli atti necessari per individuare e perseguire penalmente questi personaggi e i loro mandanti”.

I DETTAGLI DELL'ESPOSTO Contro la convenzione con Tirrenia-Moby sino ad oggi quasi 64.000 firme certificate.  

“La convenzione dello Stato con Cin-Tirrenia va rescissa e non prorogata – continua Mauro Pili -. Chiunque del Ministero delle infrastrutture e trasporti dovesse perseguire la proroga dell’illegittima e illegale convenzione deve essere perseguito penalmente. Si tratterebbe di un illecito favoreggiamento e arricchimento ingiustificato e ingiustificabile di una società privata. Lo Stato aveva 8 anni per gestire la nuova continuità territoriale, arrivare all’ultimo momento per poi decidere una proroga significa aver palesemente perseguito il favoreggiamento della ex Tirrenia e di Onorato. Questa ipotesi non deve nemmeno essere presa in considerazione. Chiunque lo facesse deve essere perseguito anche sul piano erariale per un grave danno alle casse dello Stato”.