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Un forte grido d’allarme arriva da Confartigianato Imprese Sardegna: 52mila imprese sono chiuse e oltre 126mila tra addetti e dipendenti sono a casa. Tutto a causa dell’emergenza Coronavirus.
La stima è stata fatta dall’Ufficio studi dell’Associazione artigiana che ha analizzato la situazione sulla base dei codici Ateco inseriti nei Decreti e negli aggiornamenti che si sono seguiti dall’11 marzo in poi.
Tra i settori più colpiti l’artigianato con oltre 26mila imprese e circa 70mila lavoratori. Tutte chiuse anche le 22mila 378 imprese ediliche impiegano oltre 40mila addetti
“Tutte le imprese, soprattutto quelle artigiane obbligate a stare chiuse, stanno pagando un prezzo altissimo alla crisi – ha dichiarato Antonio Matzutzi, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – e le piccole attività che ancora possono lavorare stanno dimostrando ancora una volta il loro grande senso civico facendo il loro dovere e la loro parte. Abbiamo condiviso la necessità di limitare alle attività essenziali la possibilità di lavorare, consapevoli dell’impatto economico ma con la convinzione che la responsabilità sociale che ci caratterizza ci obbligasse a scelte dolorose ma utili per il Paese”.
“È giusto tutelare i lavoratori – ha aggiunto – ma occorre pensare ai tantissimi piccoli imprenditori che in questo momento non hanno nessuna forma di assistenza se non quella del proprio lavoro quando non sono obbligati a chiudere per norma o per mercato. I nostri imprenditori in questo momento non vogliono lavorare per speculazione, ma per la sussistenza. In un territorio fatto prevalentemente di piccole imprese garantire la tenuta possibile del sistema economico è condizione anche per la coesione sociale”. “Chi è favorevole a chiusure totali e ipotizza blocchi del lavoro – ammonisce Matzutzi - è bene che tenga ben presente che vi sono soggetti che non sono garantiti e che hanno già dimostrato di essere il principale ammortizzatore sociale ed economico nei momenti più critici del nostro territorio, essendo portatori di quei valori che legano strettamente imprese, persone famiglie e comunità”.
“In questo momento è fondamentale un grande senso di responsabilità da parte di tutte le parti sociali – queste ancora le parole di Matzutzi – affinché le imprese che oggi sono autorizzate ad operare possano farlo con serenità e in sicurezza, tenendo presente sempre che non possiamo permetterci oggi di arrestare del tutto il sistema produttivo se non a costo di una grave crisi occupazionale domani. Crediamo, inoltre, che vada previsto un provvedimento urgente, unico, chiaro ed inequivocabile atto che consenta ai titolari delle imprese di andare nella propria impresa per vigilare i macchinari e la sicurezza degli impianti”.
“In ogni caso per molte delle nostre imprese si fa pressante la necessità di accedere agli ammortizzatori sociali, l’unico strumento che può garantirne sopravvivenza e ripresa al termine dell’emergenza – rimarca – purtroppo sappiamo già di tanti piccoli artigiani che non sanno più come andare avanti e che stanno già andando alle mense della Caritas o saranno costretti ad accettare i buoni spesa dei Comuni. Per questo è urgente, molto urgente, che siano previsti stanziamenti dedicati a integrazione degli esistenti per sostenere le imprese. I primi dati che abbiamo in Sardegna dicono che sono state 360 le imprese che hanno aperto la procedura per usare FSBA, Fondo di Solidarietà dell’Artigianato, tutelando 1.000 dipendenti ovvero accedendo a una sorta di cassa integrazione”.
A suo modo di vedere “Per affrontare la crisi di liquidità delle piccole imprese come prima cosa ci sarà la fondamentale necessità di un intervento massiccio da parte dello Stato, con un forte potenziamento di risorse, per innescare un meccanismo virtuoso in cui le banche dovranno adeguarsi per consentire l’erogazione del credito agli imprenditori con istruttorie veloci e semplici”.
“Dobbiamo prepararci all’uscita dalla quarantena – conclude il Presidente – e gli interventi dovranno essere divisi sulle imprese e sui cittadini. Per le imprese occorrono sostegno e incentivi per la “tenuta in moto delle attività produttive”, per consentir loro di restare attive anche senza poter lavorare, taglio del carico fiscale, riapertura, anche graduale, delle attività a quarantena conclusa e accesso al credito “sprint” ovvero immediata liquidità con zero burocrazia. Per la popolazione dobbiamo vedere attentamente ciò che sta succedendo in Cina ovvero il fenomeno del “revenge spending”, letteralmente, spendere per vendicarsi, con file nei negozi per rifarsi del tempo perduto. Ai primi posti delle cose che si vogliono fare ci sono: andare al ristorante, viaggiare, festeggiare e fare shopping. E quindi per qui proponiamo alcune soluzioni: sostegno alla capacità di spesa (come il taglio del cuneo fiscale), detrazioni al 100% per ristrutturazioni e manutenzioni, e altri bonus che possano incentivare gli acquisti o la fruizione di servizi. Dopo aver messo in sicurezza le nostre imprese e i nostri dipendenti occorrono fatti certi, rapidi e concreti per permettere a tutti di ripartire quando questa emergenza si concluderà”.