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“Care amiche e cari amici, durante questi lunghi mesi di lockdown abbiamo affrontato le rispettive solitudini nelle maniere più disparate. Personalmente ho reinventato una modalità di comunicare attraverso la rete con progetti pensati appositamente per voi oltre che per me stesso È stato il mio modo di vivere la musica con una lontananza e un abbandono utile per scoprirmi nonché per rivalutare il rapporto con i suoni e con la creatività”.
A confidare le proprie emozioni è Paolo Fresu, jazzista di Berchidda più famoso d’Italia, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.
La quarantena è stata “una preziosa opportunità per riflettere sul quanto non possa fare a meno di musica e del soffio vitale della mia tromba e del mio flicorno – continua Fresu -. Leggendo i vostri numerosi commenti e i vostri apprezzamenti ho compreso che questa necessità è insita anche in voi e ciò mi ha dato forza ed ha radicato in me la convinzione, se mai ce ne fosse bisogno, del quanto l’immaginazione (e non solo quella generata dall’arte) sia fondamentale per il nostro arricchimento personale e collettivo. Musica come linguaggio sociale e come strumento politico. Soprattutto al tempo del Covid-19 nel quale ognuno ha la responsabilità di dichiararsi come soggetto pensante che risponde a un cuore che pulsa”.
Domani riapriranno le attività dello spettacolo dal vivo e Fresu suonerà al Teatro Olimpico per Vicenza Jazz “e per la prima volta, dopo il concerto in streaming a porte chiuse del Blue Note Milano, mi ritroverò a essere me stesso e a ricoprire il ruolo per il quale ho deciso di fare musica nella vita: quello della comunicazione e della condivisione, dell’emozione e della complicità”.
Ai suoi fan, il musicista fa un regalo, pubblica un video con la banda Mùsega de Poza “in cui interpretiamo l’inno laico sardo “No potho reposare”, sarà l’ultimo lavoro pubblicato in rete al tempo del coronavirus”.
“Fiero ed emozionato di poter ripartire, e di guardare il mondo con occhi luminosi per raccontare il sorriso nascosto da una mascherina. Quando ho visionato il filmato degli amici ladini mi sono emozionato come mai era successo in questi lunghi mesi. Perché accoglie e raccoglie tutto ciò che il covid-19 ci ha negato. Lo spazio, il contatto con la natura, la musica collettiva, la follia, il sogno, la socialità, la felicità, la fierezza, la lingua, la dignità, l’appartenenza… I costumi tradizionali illuminati dai volti dei bambini e dei grandi raccontano quanto le nostre diversità siano la più straordinaria occasione per costruire il futuro. Una dissomiglianza che diviene ricchezza e che può gettare un ponte, anche attraverso la musica, tra il Trentino e la Sardegna percorrendo un’Italia sorprendente e bellissima. Viva la musica e viva le bande, senza le quali le nostre vite sarebbero più povere.".