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Meana Sardo è un cuore di Sardegna aperto e generoso. L’abbraccio dei suoi abitanti è istintivo, come il sole che si affaccia su questo paese di collina baciato dal verde dei vigneti che colorano il territorio.
Autunno in Barbagia è solo il nome dell’evento che qui ha fatto tappa nel fine settimana appena trascorso, per il resto tutto profuma di Primavera. Come i cortili che raccontano il vissuto di ieri e di oggi, come le case che conservano il tempo che non scorre, scrigni di memoria senza età. Le prime ore del sabato cominciano a registrare una significativa affluenza di visitatori che seguono i percorsi ben indicati. La giornata di domenica è tripudio di colori per un’affluenza che ancora una volta ha richiamato nel paese del Mandrolisai migliaia di persone.
C’è chi sosta nella Casa Dessì, un’antica struttura che contiene al suo interno l’arredo tipico di una famiglia contadina e chi nel frattempo ammira l’arte della tessitura nella Casa Manca o la preparazione del formaggio tra gli odori genuini di una cultura pastorale che resiste. Luciano Pes, su sabatteri, confeziona scarpe in pelle su misura, cinte e cambales, mentre dall’altra parte della strada nella fucina si realizzano lavori in ferro battuto. Nel vicolo chiuso una piccola porta di legno si apre su una cantina di pietra con il soffitto di legno: la famiglia Fulghesu produce un vino premiato nei concorsi enologici e c’è sempre qualcuno in fila che approfitta per assaggiarne i motivi.
Francesco Fulghesu è considerato uno dei maestri della fisarmonica e dopo aver seminato i suoni della tradizione raccoglie i frutti di un’esperienza che in famiglia coltiva vigneti di qualità. La musica accompagna anche la passione di Matteo Casula, che con il suo organetto si muove tra i tantissimi giovani sparsi ovunque e che indossano il vestiario tradizionale meanese.
Nelle domos antigas le donne preparano su pani pintau e soprattutto su pani ‘e saba, dolce pasquale, decorato con cura e cotto negli appositi forni. Nei punti ristoro si mangiano le prelibatezze del posto, ad esempio su succu, piatto tipico preparato in maniera tradizionale con pasta all’uovo e formaggio acidulo, cotto nelle pirofile di terracotta, sigillato con strutto aromatizzato alla cipolla e servito dopo averlo lasciato riposare. Il campanile della Chiesa di San Bartolomeo, al centro del paese, si affaccia sul grande cortile dove Nicola Chighini arrostisce le gustose e saporite carni, mentre Mario Macis e Maria Grazia Marras fanno gli onori di casa.
Tra i sentieri delle Cortes Apertas restano impressi, oltre che i luoghi caratteristici, i volti che li abitano. Maria Polli è una donna di 85 anni che ha appena finito di vendemmiare e si abbandona al racconto della sua giornata e Anna Maria Demuru si muove, tra i ricordi, dentro una grande casa che ha conservato intatta la struttura originaria.
Al piano inferiore, su più ambienti, sono ricavate le cantine che contengono le grandi botti e i macchinari necessari per la pigiatura dell’uva e le successive operazioni. Tra le migliaia di persone che affollano il “paese che sta nel mezzo”, da Mediana, antico nome dell’abitato, si sentono cantare le voci dei cori di Atzara, Meana, Teti e Gadoni. I suoni hanno riempito le pareti di musica diffondendo le antiche melodie tradizionali di Meana e della Sardegna anche attraverso l’estro artistico dei suonatori Giovanni Demuru, Marco Urru e Paride Peddio. In tanti visitano il Nuraghe Nolza, depositario dei segreti di un passato millenario, e la Foresta di Ortueri, dove si trovano gli antichi forni per la calce, grazie alle escursioni organizzate gratuitamente.
Il poeta Bruno Lombardi ha definito Meana Sardo la veste del tempo, lasciando impressa un’immagine che la ritrae. “Dove ogni gesto è armonia, bellezza tesse le trame del tempo. Se comprendere il corso dei secoli è lecito a pochissimi luoghi, Meana Sardo è uno di questi. Ogni cortile ospita racconti di ieri e di oggi; voci di coloro che hanno posto pietra su pietra, lacrima su lacrima. La bellezza negli abiti, la gioia sui volti