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Una delegazione del sindacato Siap Polizia di Stato ha incontrato il Prefetto di Cagliari, Gianfranco Tomao, per rappresentargli le preoccupazioni e le perplessità in ordine alla questione del “ponte” migratorio, di fatto, apertosi con l’Algeria.
"In primis - sottolinea la segreteria Siap - ci preme rimarcare il fatto d’aver incontrato una persona aperta al dialogo ed al confronto che non ha mai cercato di imporre, dall’alto della sua carica istituzionale ed avendo di fronte un inconsueto interlocutore (quale è una sigla sindacale della Polizia di Stato), posizioni precostituite, rendendo la discussione interessante a mai neanche velatamente improntata su binari di semplice cortesia".
“Abbiamo esposto una serie di perplessità nonché alcune proposte – dice al termine del faccia a faccia, Mauro Aresu, segretario provinciale Siap Polizia di Stato - siamo stati ascoltati ed abbiamo ricevuto risposte argomentate laddove il pensiero istituzionale non collimava con il nostro ragionamento ed anche significative aperture laddove le proposte venivano ritenute utili per concorrere alla soluzione del problema o quantomeno a diminuirne gli effetti deleteri per la comunità. Abbiamo evidenziato il fatto che il nostro sindacato, nella quasi indifferenza generale, si è occupato costantemente del problema dall’anno 2016 (1134 sbarchi a differenza dei 304 del 2015). All’epoca lamentammo i gravi disagi operativi causati dalla cronica carenza di personale acuiti appunto dalla problematica degli sbarchi diretti e delle questioni legate al fenomeno migratorio in generale – aggiunge e rincara Aresu - denunciammo la scarsa attenzione verso le problematiche sarde collegate ad un fenomeno che diventava sempre più importante, ovvero centinaia e centinaia di persone provenienti dall’Algeria avevano capito che in Sardegna si era aperta una porta per l’ingresso in Europa. Infatti, tali soggetti non cercavano e non cercano protezione internazionale bensì un “lasciapassare” per l’Europa; tale è la cd. intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro 7 giorni. Nulla di più poteva e può esser fatto a causa dei rapporti che l’Italia ha con l’Algeria infatti i tempi per addivenire all’identificazione di un loro cittadino sono lunghissimi ed il più delle volte non si riesce a respingere il soggetto in patria. Negli scorsi anni lamentammo anche il pericolo di infiltrazioni fondamentaliste ma fino al periodo pre-Covid, egoisticamente, il problema per la Sardegna era di “semplice transito”, naturalmente senza contare il dispendio di personale delle forze dell’ordine da impiegare in questi servizi".
Macomer
"Il Cprdi Macomer sembrava dovesse alleviare il problema - dice Aresu - però, come temevamo, la struttura è costantemente saturata da persone provenienti dalla penisola ed invece sarebbe necessario riservarla per le sole esigenze sarde. Infatti, la certezza di venir rinchiusi per svariati mesi all’interno del Cpr (con uno status giuridico completamente diverso dall’attuale) con la consapevolezza di un probabile rimpatrio al termine dell’iter di identificazione, sarebbe certamente un valido deterrente che almeno contribuirebbe a ridurre e rendere più controllabile il fenomeno in questione impedendo, di fatto, l’automatico accesso in Europa. Oramai le dimensioni del fenomeno sono diventate non più sostenibili a causa delle problematiche concernenti l’emergenza epidemiologica in atto, infatti, la struttura individuata per far trascorrere i periodi di quarantena, è totalmente inadeguata a tal compito. Di fatto è invivibile per gli ospiti costretti a sopportare condizioni di vita che mal si coniugano con la tradizione democratica di un paese come l’Italia; gli operatori di Polizia (per concorrere ai servizi di vigilanza è stato anche chiesto il supporto dell’esercito, come avviene in altre realtà) e tutto il personale ivi impiegato opera in situazioni di altissimo rischio sanitario e, purtroppo, lamenta gravi problematiche anche la popolazione delle zone limitrofe. Le carenze lamentate sono l’inadeguatezze delle misure “antifuga” passive, ovvero altezza delle recinzioni. Lo status giuridico dei soggetti in questione non consente alle forze di Polizia di utilizzare la forza per non farli allontanare ed è impensabile che le colpe di annose carenze legislative vengano scaricate sulle forze dell’ordine. Altro gravissimo problema rappresentato è la promiscuità tra soggetti positivi e non, che dilata a dismisura i tempi di quarantena, pertanto abbiamo chiesto che i soggetti risultati positivi vengano ospitati in altre strutture oppure venga trovata una adeguata sistemazione all’interno. Su questo punto il Sig. Prefetto ha garantito che sono in atto lavori di ristrutturazione finalizzati alla totale separazione dei positivi dal resto delle persone. Riguardo la sistemazione dei migranti e soprattutto dei positivi, abbiamo prospettato la possibilità di valutare l’utilizzo: della palazzina CAS (naturalmente destinando altrove i chiedenti asilo); di una nave quarantena anche per la Sardegna; nonché il reperimento di altre strutture idonee nel Sulcis, in primis l’ex Carcere di Iglesias. Come detto, alcune delle soluzioni prospettate hanno attirato l’interesse del Sig. Prefetto, a differenza di altre che, allo stato, con una serie di argomentazioni, vengono ritenute non idonee alla risoluzione del problema".
Monastir
"La situazione a Monastir – fa notare Aresu, Siap Polizia di Stato - è insostenibile, le manifestazioni di protesta dei migranti stanno aumentando, gli allontanamenti, anche dei positivi, sono incontenibili ed il fatto che qualcuno di loro sia stato rintracciato nella penisola ha dell’incredibile. Abbiamo rimarcato anche la necessità di rendere più vivibile e sicura la struttura da un lato migliorando le condizioni di vita dei migranti e di lavoro degli operatori di Polizia facendo si che non si consenta l’accumulo di immondizia per lunghi periodi, nonché si provveda all’eliminazione di qualsivoglia oggetto (spranghe, attrezzi da lavoro, ecc.) di facile utilizzo con gravi conseguenze in caso di disordini anche perché la tensione nel centro sta salendo con facile previsione di un’escalation degli episodi di intemperanza e/o di protesta violenta. E’ stato chiesto al Prefetto di intervenire in maniera decisa presso le istituzioni nazionali – ha concluso Mauro Aresu - affinché il fenomeno venga affrontato organicamente nella sua interezza e complessità, senza la pretesa che la semplice presenza della Polizia possa risolvere le problematiche acuite da gravi carenze normative”.