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Il tempo di fare i conti con gli effetti della crisi pandemica sembra essere giunto. Il materiale sul quale riflettere non manca, grazie anche a chi, come l’Eurispes, di tempo non ne ha perso, conducendo, come si potrebbe dire, in presa diretta, una raccolta dati che, alla luce di quanto è accaduto, può essere di grande aiuto per soddisfare l’esigenza di ben comprendere l’efficacia dei comportamenti adottati in uno dei periodi più critici della vita nazionale degli ultimi decenni. Realizzato con il contributo della Regione Sardegna e insieme al Csv Sardegna Solidale (straordinaria realtà dell’associazionismo sardo e organizzazione che raccoglie, nella forma di soci diretti e indiretti, ben 430 soggetti), il questionario ha potuto contare sul facile coinvolgimento delle associazioni dell’Isola. Organizzazioni di volontariato, ma anche enti del Terzo Settore, chiamati a raccolta per fare il punto sulla capacità di reazione, intervento, adattamento delle associazioni sarde in un momento di grande difficoltà generale, che ne ha ribadito l’importanza e la straordinaria utilità. I dati raccolti ed esaminati dall’Eurispes dimostrano il dinamismo di molte sigle dell’associazionismo sardo e, in molti casi, la loro capacità di fare rete, sostenendo, ad esempio, l’azione di altre associazioni, come la Protezione Civile, più direttamente impegnate nell’opera di contrasto alla diffusione del virus.
Due gli scopi dell’indagine: rilevare esigenze e criticità delle associazioni di volontariato e degli enti del Terzo Settore, legate alle problematiche riscontrate durante la pandemia del Covid-19, e individuare possibili risorse e percorsi alternativi per permettere a enti e associazioni di continuare ad assicurare efficienza ed efficacia al ruolo che svolgono all’interno del sistema sociale. La risposta dell’associazionismo sardo è stata molto forte. Dai risultati dell’indagine è emerso, non a caso, che la forma associativa più diffusa è quella delle associazioni di volontariato: 8 persone su 10 del campione fanno parte di questa categoria, poco meno del 10% degli intervistati appartiene a enti del Terzo Settore, mentre il 7,3% dichiara di appartenere ad altro tipo di associazioni e soltanto il 3,1% fa parte di associazioni impegnate nella promozione sociale.
L’indagine ha, inoltre, intercettato le risposte di tutte le componenti del variegato mondo dell’associazionismo isolano, trovando nella collaborazione dei vertici delle stesse associazioni un sostegno decisivo, visto che nel 45,8% dei casi gli intervistati ricoprono il ruolo di presidente all’interno delle rispettive sigle.
Gli ambiti d’azione delle associazioni coinvolte nell’indagine sono diversi, e quelli che prevalgono operano prevalentemente nel settore socio-sanitario (26%), socio-assistenziale (22,9%) e culturale (18,8%). In generale, per un dato pari all’84,4% relativo al 2021, le associazioni hanno continuato la loro attività durante l’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Covid-19. L’osservanza delle disposizioni governative è la motivazione con la quale le associazioni che hanno interrotto la loro attività motivano la scelta effettuata.
Fare i conti con le difficoltà determinate dalla pandemia ha messo in luce la resilienza delle associazioni. Molte hanno dovuto ridefinire gli ambiti del loro esercizio, adottando cambiamenti o aggiungendo nuove attività all’operato abituale. Il Coronavirus ha, insomma, dettato l’agenda del quotidiano, indirizzando molte energie verso la distribuzione di beni, in particolare a beneficio delle fasce più deboli della popolazione. Si tratta prevalentemente di anziani. I volontari, nel 22,9% dei casi, hanno sostenuto cittadini in quarantena o persone sole, nel 13,5% hanno prestato aiuto a soggetti con patologie a rischio, e nell’11,5% dei casi si sono occupati di famiglie con persone con disabilità o problemi psichici.
Ma che cosa hanno fatto per l’esattezza i volontari sardi in quei mesi difficili? Il 32,3%, spesso collaborando con gli enti locali, si è impegnato nella consegna di beni di prima necessità; il 21,9% ha prestato servizio di ascolto telefonico e supporto psicologico; il 12,5% ha garantito il trasporto sociale; l’11,5% ha dato manforte alla Protezione civile. L’emergenza sanitaria ha anche costretto i volontari a fronteggiare situazioni mai sperimentate prima, imbattendosi così in bisogni e necessità che oltrepassano gli ambiti delle attività comunemente svolte. Anche per questo motivo 8 intervistati su 10 ritengono utile l’inserimento di nuovi volontari, adeguatamente formati, all’interno della loro associazione di appartenenza. Vorrebbero che venisse favorito il reclutamento dei volontari e che si predisponessero corsi di formazione sempre più professionalizzanti in grado di fare fronte a necessità che non sono più solo quelle del passato. Un’aspettativa che fa il paio con la significativa convinzione del 53,1% degli intervistati che ritiene che l’attività della propria associazione abbia un futuro sicuro.