La frase oramai ricorrente, “La situazione è sotto controllo”, è una buffonata colossale.

Siamo d’accordo: non dobbiamo creare allarmismi tra la popolazione, ma, di contro, ci chiediamo se dobbiamo, invece, celare le falle del sistema sanitario regionale. Abbiamo bisogno di sentirci dire che se dovessimo contrarre il virus Sars Cov-2 non dobbiamo preoccuparci perché saremo sempre sotto l’occhio vigile degli operatori sanitari? Certo che è necessario, innanzitutto psicologicamente, ma la realtà è un’altra e va raccontata.

La verità è che dalla prima ondata della pandemia non è cambiato nulla. Sul fronte anti-Covid-19 non eravamo pronti allora e non siamo pronti oggi perché il servizio del sistema sanitario non è stato potenziato. I contagi aumentano di giorno in giorno, le persone messe in quarantena sono sempre di più e le ASSL fanno già fatica a seguire tutti i casi. Ma veniamo ai fatti.

Da Sassari. Persone in quarantena dimenticate. Quando una persona risulta positiva viene contattata dall’Ats che, oltre a comunicare il risultato del tampone, chiede i nomi delle persone con le quali si è entrati in contatto. Queste ultime vengono a loro volta contattate telefonicamente e nell’immediato gli viene comunicato lo stato di quarantena. Nella stessa telefonata si programma il giorno per effettuare il tampone, solitamente, due giorni prima del termine dell’isolamento. Ma, talvolta, succede che dicano: “Le faremo sapere nei prossimi giorni”. Risultato? Nessuno chiama più. Sei tu paziente che alla fine devi tentare di chiamare e richiamare e pregare che dall’ufficio Igiene qualcuno risponda.

“Come mai non mi avete fatto sapere nulla su quando avrei fatto il tampone?”, chiede al telefono una signora in quarantena, dopo aver trascorso un’intera giornata a trovare qualcuno dall’altra parte della cornetta. L’operatrice sanitaria (non senza imbarazzo) risponde: “Eeee, perché non riusciamo a seguire tutti i casi che abbiamo, per cui purtroppo non…la motivazione è questa, ecco. Certo, avreste dovuto fare il tampone sabato o oggi, vi doveva essere stato fissato anche già l’appuntamento. Mi scuso io da parte nostra”.

Fissato finalmente l’appuntamento per il tampone drive-in a Rizzeddu, Sassari, dopo 48 ore, questo è il termine di attesa preannunciato a ciascuno, la signora non ha ancora il risultato. Molti lettori conoscono la situazione di ansia che si viene a creare, altri sicuramente lo possono comprendere. Non sapere se si ha contratto il virus o meno e, nel caso di positività, quando si potrà nuovamente tornare al lavoro, dal punto di vista psicologico si esercita sul soggetto una pressione che logora e che può dare luogo a situazioni anche complesse.

Da Nule. Riportiamo quanto ci è stato segnalato ieri. “Vorrei farvi sapere la nostra odissea. Dieci bambini sono entrati in contatto con una bambina positiva del paese. Le parlo di bambini dai 6 ai 9 anni. Ci hanno messo in quarantena dal 14 al 28 settembre, con il tampone fissato per il 25. Ad oggi 25 settembre noi non sappiamo ancora niente. Sentiti al telefono, da Sassari ci hanno sballottato da Bono a Ozieri, con il risultato finale che non ci sono tamponi prenotati e che né a Bono, né a Ozieri, ci sono medici disponibili. In pratica, ci hanno abbandonato a noi stessi. Ci hanno lasciato senza nessun supporto, neanche una telefonata per chiederci come stavano”.

Cagliari. Il direttore sanitario dell'ospedale Covid di Cagliari, Sergio Marracini, ha parlato chiaro: “L’attuale situazione supera quella dei mesi di marzo e aprile come quantità di ricoveri. E a differenza di quello che si pensa e si dice, lo stato di salute dei pazienti non è meno grave, ma è identico a quello che abbiamo visto in quel periodo. Quando i pazienti vengono ricoverati qui sono gravi”.

Vogliono dirci ancora che la situazione è sotto controllo?

Vogliono credere o far credere che il diritto alla salute dei sardi è tutelato?

Sia chiaro, lungi da noi l’obiettivo di puntare il dico contro gli operatori sanitari.  Quella che denunciamo con fermezza è l’inefficienza di un sistema sanitario e di chi avuto tutto il tempo per prevenire, sul piano organizzativo, un ritorno dell'epidemia, ma non l’ha fatto, con la conseguenza di sentirci dire, a settembre: “Non riusciamo a seguire tutti i casi che abbiamo”.