Tredici giorni. Se si riflette sulla durata di questo tempo, i pensieri possono essere contrastanti. Potrebbero apparire pochi in vista della consegna di un progetto o di un lavoro; potrebbero essere tantissimi per chi è costretto in casa in isolamento. Vi stiamo per raccontare una storia che accade ad Alghero, ma potreste sentir parlare della stessa vicenda in molti altri comuni, o peggio, potreste già esserne protagonisti in questo periodo. 

Tutto parte da una domanda: cosa accade nelle scuole dell’Isola? Il sistema scolastico è riuscito a rimettersi in piedi dopo due anni di pandemia? I nostri ragazzi sono riusciti a stabilizzarsi tra una chiusura e l’altra? E oggi, cosa accade quando vengono colpiti dal virus o entrano in contatto con un positivo? 

Per rispondere a queste domande abbiamo fatto delle ricerche e abbiamo incontrato dei genitori degli alunni (di varie classi) di un istituto comprensivo di Alghero. Abbiamo conosciuto delle persone sfiduciate e impotenti dinanzi a ciò che accade nelle aule dei loro figli. Per tutelare l’anonimato useremo dei nomi di fantasia.

Patrizia ci ha spiegato nel dettaglio quel che è avvenuto: 

“La scuola di mio figlio ha fatto una scelta molto diversa dagli altri istituti comprensivi. L’anno scorso hanno scritto un piano di cui dovevano essere dotate tutte le scuole, si chiama Piano scolastico per la didattica digitale integrata. Successivamente, lo hanno riadattato secondo le linee guida del MUIR sostenendo che non avrebbero adottato la modalità della didattica sincrona, ma che avrebbero fatto delle attività asincrone, ossia scambio di materiale didattico attraverso il registro elettronico, wapp, google classroom o altri applicativi con cui mantenere un contatto costante e didattico fra alunno a casa e classe a scuola. 

Nella classe di mio figlio questo non è avvenuto, i ragazzi sono rimasti a casa senza la possibilità di reperire il materiale scolastico dai professori. Oltre alcuni casi eccezionali dove i docenti hanno caricato qualche power point (ma non è stato niente di diverso rispetto a quando i ragazzi sono in aula). Non c’è stato alcun collegamento diretto tra alunni e insegnanti. 

La dirigenza doveva predisporre gli strumenti per i professori e questi ultimi dovevano preoccuparsi di includere i ragazzi costretti a casa.  Capisco che questo probabilmente avrebbe richiesto più impegno, più lavoro, più attenzione… ma oggi mi chiedo: quale lavoro non è stato colpito da modifiche durante la pandemia? Tutte le professioni sono state attaccate da modifiche e carichi supplementari. In questo caso si trattava di farlo per i nostri ragazzi. 

Abbiamo trovato una dirigente poco incline al dialogo e oggi ci troviamo in una situazione surreale. Abbiamo solo chiesto considerazione per i nostri figli e ci è stato risposto che non avevamo ragioni per muovere delle accuse, in realtà abbiamo le prove che pochissimo è stato fatto dall’istituto. 

Ho dovuto vedere mio figlio per sette giorni isolato, senza uno stimolo, sapendo di dover svolgere dei compiti di cui non aveva mai sentito parlare. Ha degli amici in altre scuole, contemporaneamente erano in isolamento,  che partecipavano in diretta alle lezioni in classe. Che cosa puoi rispondere a tuo figlio che ti chiede “Perché la mia scuola si stanno comportando così?”. L’ho visto, letteralmente, buttare sette giorni, dopo tutti quelli che aveva già perso a causa della pandemia.”

Con il racconto di Emma, pensate a quanti possono essere lunghi tredici giorni: 

“Mio figlio è stato assente tredici giorni a causa di positività al Covid. In questo intervallo, purtroppo, non è stato considerato dai docenti durante tutta la sua assenza. Osservando i fatti, è stata del tutto inesistente la modalità asincrona; escludendo un paio di professori che hanno caricato qualche video o foto. In questo periodo mi sono chiesta: com’è possibile spiegare un’espressione con le frazioni attraverso delle immagini? Oppure trovare nel registro elettronico la nota “Continuare il lavoro svolto in classe”, quale lavoro?! Nonostante mio figlio sia molto bravo a scuola, ha dovuto condurre delle indagini con i compagni per capire argomenti e metodi per risolvere gli esercizi. 

È davvero frustante per questi ragazzi, avrebbero dovuto sentirsi inclusi a pieno nel sistema scolastico, sia in classe che da casa. Dirigenza e insegnanti hanno dimenticato l’obiettivo. 

Mio figlio ha vissuto questi tredici giorni con rassegnazione, capendo così presto qual è l’attenzione e l’interesse delle istituzioni nei suoi confronti e prendendone atto, adagiandosi e comprendendo che nessuno deve fare reciprocamente forzi l’uno per gli altri. Si è sentito un numero e non un ragazzo.” 

Francesca ha provato a capire quali potrebbero essere le cause della mancata modalità sincrona: 

“Questa situazione ha portato all’isolamento totale dei nostri figli. Parrebbe che i motivi siano legati al fatto che durante un collegio docenti, gli insegnanti non siano arrivati a una soluzione (a favore degli alunni) a causa della mancata volontà da parte di tutti di svolgere le lezioni in modalità sincrona. Il motivo? Sosterrebbero che con la didattica sincrona ci potrebbe essere una violazione della privacy nei confronti della classe e nello specifico degli insegnanti stessi. I professori hanno paura che qualcuno da casa li possa registrare, ridicolizzare e mettere sul web. 

Alcuni di questi insegnanti hanno parlato in classe della scelta intrapresa, dicendo ai ragazzi: “Ma voi immaginate se qualcuno di voi si mettesse a fare lo stupido e mi facesse le boccacce mentre spiego e qualcun’altro mi registrasse per mettermi  sul web? Io diverrei lo zimbello dell’Italia intera”.

Loro stanno rendendo più fragile ed esponendo a maggiore rischio la parte più importante della nostra società. I nostri ragazzi sono quelli che hanno patito di più in questi ultimi due anni. Soprattutto stanno violando l’aspetto più importante: il diritto allo studio. 

Se il decreto prevede la modalità della didattica integrata per cercare di ripartire, provando a non lasciare le classi totalmente in DAD (cercando, quindi, di far convivere i cittadini con il sistema scolastico), non applicando questa norma l’istituto sta discriminando palesemente lo studente ammalato o in isolamento preventivo.”

Carla aggiunge:  

“Io mi sono chiesta tante volte quale fosse la difficoltà nel mettere una webcam (e se la preoccupazione fosse davvero quella della privacy), si sarebbe potuto risolvere mettendosi di schiena o disattivando la telecamera, magari lasciando la possibilità di inquadrare la lavagna. Tra mamme ci si confronta e fa male vedere che in altre scuole i ragazzi vengono assistiti in ogni loro necessità. Io da genitore mi sento impotente. Mi chiedo, a chi dobbiamo rivolgerci? Sarebbe bastato ascoltare la voce di un insegnante anche per un paio d’ore, al fine di creare uno stimolo efficace contro il fiaccamento a cui porta l’isolamento. 

Io stimo gli insegnanti di mio figlio, ho avuto modo di conoscerli, di riconoscere la loro preparazione e mi dispiace che si siano trovati implicati in una faccenda così spinosa e che non abbiano potuto dare il loro contributo. Li ho osservati perdersi in un bicchiere d’acqua. 

Fanno tante giornate a tema, ad esempio quella della gentilezza o meglio quella del calzino spaiato per simboleggiare la caratteristica e la bellezza della diversità e dell’inclusione . Mi chiedo a cosa serva se non si capisce cosa accade all’interno della propria classe. Perché perdere una giornata scolastica per parlare d’inclusione quando non fai niente per impedire l’isolamento sociale e psicologico di un alunno se colpito da Covid? È qui che ci troviamo di fronte a un calzino spaiato, perché uno è a scuola e l’altro rimane chiuso a casa… proprio come i calzini.

Io credo molto nella scuola che è capace non solo di trasmettere nozioni didattiche, ma anche insegnare a vivere e a stare con gli altri; quella scuola che può aiutare ad avere una visione diversa da quella dei tuoi genitori. Un ragazzo deve imparare il senso del rispetto anche dagli insegnanti e quale rispetto possono cogliere essendo trattati così? Bambini che magari hanno anche difficoltà di apprendimento lasciati e abbandonati dalle istituzioni scolastiche. Manca un passaggio: questi ragazzi che fine faranno?”

Noi abbiamo accolto e raccontato il grido di queste mamme che, tristi per il vissuto dei loro figli, hanno scelto di raccontare la loro esperienza. 

Se avete riscontrato le stesse problematiche anche nella scuola di vostro figlio potete scrivere all’indirizzo redazione@sardegnalive.net o inviare un messaggio whatsapp al numero 351/6979100