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Si è concluso a metà dicembre il cantiere che ha sostituito alcune parti della rete fognaria di Suni presso la chiesa di Santa Maria della neve.
Poiché i lavori dovevano insistere su un’area ad alto rischio archeologico per la presenza del Nuraghe San Michele e della Chiesa Parrocchiale, è stato necessario affiancare, come previsto per legge, agli operai l’assistenza di un archeologo.
La presenza, sul campo, dei professionisti, ha dato i suoi frutti. La piazza è stata, negli anni, scavata varie volte per interventi idrici e fognari, con conseguente asportazione della stratigrafia archeologica.
Tuttavia una porzione è rimasta intatta. Grazie alla presenza sul campo degli archeologi Dott. Pier Tonio Pinna e Dott.ssa Antonella Unali, che operavano in stretto contatto con la Dott.ssa Gabriella Gasperetti archeologa responsabile di zona per la Soprintendenza Archeologia della Sardegna, è stato possibile documentare due sezioni, salvatesi dagli scavi degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso.
Attraverso l’analisi della stratigrafia documentata nelle sezioni si può riassumere la storia del sito fino al periodo nuragico. E’ la prima volta che si realizza una accurata documentazione archeologica nel centro abitato di Suni.
L’area, nota agli studiosi per un grande ritrovamento di materiale classico avvenuto negli anni settanta, è stata oggetto di frequentazione umana ininterrottamente dal nuragico ad oggi. Una porzione di muro pertinente alla struttura del nuraghe, rinvenuto durante lo scavo, ne fa ipotizzare la sua natura complessa. La presenza di un frammento di anfora punica, poi, dimostra che l’area è stata riutilizzata in quel periodo come, peraltro, altri nuraghi della zona: il nuraghe Oladolzu di Magomadas, scavato intorno al 2008 ed il nuraghe Tres Bias di Tinnura, scavato negli anni Novanta del Novecento.
Alla fase classica è seguita la fase medievale e post medievale con l’edificazione del luogo di culto cristiano.
Attorno al luogo di culto erano numerose le sepolture: quattro di queste si sono potute documentare. Sul cranio del defunto inumato nella sepoltura più antica è stata rinvenuta una moneta, retaggio dell’usanza pagana di versare “l’obolo carontis” ossia la tassa per il traghettatore delle anime. La moneta è un reale minuto di Giovanni II d’Aragona databile fra il 1458 ed il 1479. Questo importante termine cronologico ha permesso agli archeologi di affermare che già dalla metà del XV sec d.C. era presente in quell’area un luogo di culto cristiano, in compresenza con la vicina chiesa di S. Pancrazio per la quale si hanno riferimenti cronologici certi a partire dagli anni centrali del XV sec. d. C.