La Sardegna rischia un duro colpo economico con l’introduzione dei nuovi dazi statunitensi, che potrebbero mettere in pericolo il futuro di uno dei suoi prodotti simbolo: il Pecorino Romano. L’Isola, che produce il 90% di questo formaggio, si trova in prima linea tra le regioni italiane più esposte alle ripercussioni della guerra commerciale con gli Stati Uniti.

Secondo l’analisi di Cia-Agricoltori Italiani, presentata alla X Conferenza economica a Roma, l’arrivo delle nuove tariffe volute da Donald Trump dal 2 aprile potrebbe causare perdite milionarie, colpendo in particolare il settore agroalimentare sardo e toscano. A rischio non è solo il Pecorino Romano, che vede negli Stati Uniti il 57% del suo mercato export (pari a 151 milioni di euro nel 2024), ma anche altre eccellenze italiane fortemente legate all’export oltreoceano. 

L’allarme del settore agroalimentare: “Serve un’azione diplomatica forte”

Negli ultimi dieci anni, le esportazioni di prodotti agroalimentari italiani negli Stati Uniti sono cresciute del 158%, facendo di questo Paese il secondo mercato mondiale per il Made in Italy, con un giro d’affari di 7,8 miliardi di euro nel 2024. Il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, ha lanciato un appello per evitare il rischio di una crisi commerciale: “Serve un’azione diplomatica forte per trovare una soluzione e non compromettere i traguardi raggiunti finora. L’Italia può e deve essere capofila in Europa nell’apertura di un negoziato con Trump, visto che abbiamo anche più da perdere. Gli Usa rappresentano quasi il 12% di tutto il nostro export agroalimentare globale, più di qualsiasi altro Paese europeo, inclusi Germania (2,5%), Spagna (4,7%) e Francia (6,7%)”.

Pecorino Romano e vino italiano: chi rischia di più 

Se il Pecorino Romano è uno dei prodotti più esposti, con un rischio concreto di crollo delle vendite in America, il settore vinicolo non è da meno. Gli Stati Uniti sono il primo mercato mondiale per il vino italiano, con un valore di 1,9 miliardi di euro nel 2024. Alcune denominazioni sono particolarmente vulnerabili ai dazi, come: vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia (48% dell’export destinato agli USA, 138 milioni di euro); vini rossi toscani Dop (40%, 290 milioni di euro); vini rossi piemontesi Dop (31%, 121 milioni di euro) e prosecco Dop (27%, 491 milioni di euro).

L’aumento delle tariffe potrebbe favorire la concorrenza internazionale, lasciando spazio a vini come il Malbec argentino, lo Shiraz australiano e il Merlot cileno, pronti a conquistare fette di mercato finora dominate dal Made in Italy.

L’olio d’oliva italiano e gli altri settori coinvolti

Anche il settore dell’olio d’oliva subirebbe conseguenze importanti, considerando che gli Stati Uniti rappresentano il 32% dell’export italiano per un valore di 937 milioni di euro nel 2024. A rischio anche i liquori, con un impatto sul 26% del mercato export (143 milioni di euro).

Un futuro incerto per l’export italiano

La nuova politica commerciale statunitense potrebbe rappresentare un serio ostacolo per l’export agroalimentare italiano, mettendo in difficoltà soprattutto le regioni che dipendono maggiormente dalle vendite oltreconfine.