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"Assolvete Alberto Cubeddu, restituite la libertà a questo ragazzo, a carico del quale vi sono solo indizi, probabilità, verosomiglianze, non una certezza". Conclude così la sua arringa, dopo sette ore in due giorni, l'avvocata Mattia Doneddu. Davanti ai giudici della Corte d'assise di Nuoro ha chiesto l'assoluzione per il suo assistito, il giovane di 22 anni di Ozieri accusato degli omicidi di Gianluca Monni, 19 anni di Orune, e Stefano Masala, di 29 di Nule, avvenuti tra il 7 e l'8 maggio 2015. Per l'imputato il pm Andrea Vacca ha chiesto l'ergastolo.
Formulata la richiesta della difesa, è calato in aula un silenzio carico di tensione. Poi si è alzata forte una voce: "Restituiteci Stefano Masala". A parlare è Giuseppe Masala, il fratello del 29enne il cui cadavere non è mai stato trovato. Sulla scomparsa del giovane, l'avvocata di Cubeddu è stata chiaria. "I cani hanno fiutato tracce di Stefano nel luogo dove è stata ritrovata l'auto bruciata, vicino alla statale 128 bis. E anche a Pattada, nel luogo dove la sera dell'8 maggio Masala è stato avvistato da Girolamo Becciu.
Chi ha nascosto questi atti? Perché non sono stati messi a disposizione?", ha chiesto Doneddu, secondo la quale Masala era vivo la sera in cui, secondo l'accusa, sarebbe stato ucciso da Paolo Enrico Pinna (il cugino di Cubeddu, condannato a 20 anni in due gradi di giudizio per entrambi gli omicidi, ndr) per portargli via la Opel Corsa con cui la mattina successiva i due sarebbero andati a Orune ad uccidere Monni.
L'avvocata ha poi cercato di minare la credibilità di Alessandro Taras, il super testimone che ha raccontato di aver visto Cubeddu bruciare l'auto di Masala: "Taras ha parlato solo un anno dopo, quando qualcuno gli ha suggerito i luoghi e gli orari di quando è stata bruciata l'auto, perché dalle intercettazioni del 18 settembre 2015 emerge che lui non sa nulla della vicenda, ma poi ha ricevuto pressioni e ha parlato. Cubeddu - ha sottolineato convinta la difesa - non ha bruciato nessuna macchina, dice falsità".