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"Non sono stato a Orune e non ho ucciso Gianluca Monni, anche perché per me le vicende di Cortes Apertas erano un discorso chiuso". È la versione di Paolo Enrico Pinna, accusato col cugino Alberto Cubeddu degli omicidi di Gianluca Monni e Stefano Masala, uccisi tra il 7 e l'8 maggio 2015.
Oggi il giovane - minorenne all'epoca dei fatti - ha consegnato una memoria scritta ai giudici del Tribunale dei minori di Sassari, che l'hanno letta nel corso dell'udienza a porte chiuse. "Masala l'ho sentito la sera del 7 maggio, poi ognuno è andato per la propria strada", è l'altro punto su cui Pinna è stato perentorio. Sui litigi con la madre: "erano la conseguenza di un periodo di tensione per diversi fattori, ma niente di più", ha raccontato l'imputato. Momenti di tensione quando il padre di Masala, il compaesano di Nule cui non è mai stato trovato il corpo, ha urlato contro Pinna: "Dimmi dov'è mio figlio". Una richiesta caduta nel silenzio, alla quale il giovane non ha risposto.
Il 16 marzo parlerà la Procura e il primo dei due difensori, Agostinangelo Marras. Il 23 sarà la volta dell'altro legale dell'imputato, Angelo Merlini, mentre il 30, dopo le repliche, è già prevista la sentenza. Si tratta di un processo con rito abbreviato incardinato in un giudizio immediato. Sicuramente entreranno nel dibattimento le novità emerse nel corso delle ultime settimane: secondo la procura di Nuoro, infatti, l' esecutore materiale dell'omicidio di Gianluca Monni sarebbe Alberto Cubeddu, mentre Paolo Enrico Pinna sarebbe rimasto a bordo dell'auto di proprietà della famiglia di Stefano Masala di cui, da quel giorno, non si è più avuta traccia.