Una lettera aperta alla sua gente e alla sua comunità, così lo psicologo Pier Paolo Cavagna, originario di Ghilarza, è intervenuto sulla vicenda del delitto Careddu con una profonda riflessione che ha acceso il dialogo.

"Io sono di Ghilarza. Faccio il pedagogista e lo psicologo.

Io vivo a Zuri. E a un chilometro da casa mia c'è un cadavere.

E giù al lago. Da qualche parte.

Ucciso, pare, a picconate e tagliato a pezzi con una motosega. Non si trova. Se lo saranno mangiati i cinghiali, dicono.

Il cadavere ha un nome. Un'età precisa. 

È stato ucciso da un branco di coetanei.

Io sono di Ghilarza. A Ghilarza la vita di una persona vale € 100.

Ghilarza, fino a quattro giorni fa, era il paese del Mulino Bianco.

Bassissima criminalità. Ci conosciamo tutti. Siamo una piccola comunità. Magari non ci conosciamo direttamente, ma conosco tuo zio, tua sorella, ah! Sei figlio di, ti ho visto al bar, al campo...

Però però, a fare un pochino di mente locale, l'ultimo omicidio risale all'anno scorso.

Una bella fucilata in faccia, e tutti amici come prima.

E prima? Ah, era due anni fa. A Aidomaggiore.

Stessa dinamica.

Delitti di campagna si potrebbe obiettare. Qui parliamo di un regolamento di conti per un debito di droga. Adulti quelli, qui anche minorenni.

Sono cose diverse.

Però sono 3 omicidi in 3 anni.

No. Mi sa che il Mulino Bianco sta risentendo della crisi generale.

Osservo da qualche giorno cosa succede intorno.

Ho visto mamme e papà preoccupati per i propri figli.

Ho parlato con alcuni coetanei. Sono attoniti. Qualcuno non sta uscendo di casa.

Vedo gli anziani ripetere che queste cose qui non sono mai successe prima.

Vedo gli adulti avere un po'di paura quando incrociano gruppi di adolescenti.

Il gruppetto di killer non era sconosciuto. 

E basta fare un giro per procurarsi senza tanta fatica erba, coca, pasticche varie. Con un po' di impegno anche altro, più costoso e più "d'effetto".

No. Il Mulino Bianco, forse, non esiste da anni.

Facendo un po' di bilanci, la cosa, non mi stupisce affatto.

Quello che mi lascia perplesso è la reazione omertosa generale.

In primis delle istituzioni.

Siamo in lutto. Un lutto sociale, che ha investito il tranquillo paesino come una doccia di acqua fredda.

E l'unico movimento che vedo e quello dei genitori di uno degli omicidi verso la madre della vittima.

Sembra una roba privata. Che si può chiudere tra le mura di casa. Un abbraccio, quattro lacrime, e via.

Ma questo gruppo di giovani ha superato in bestialità e ferocia tutto quello a cui eravamo abituati.

Nessuna delle istituzioni pubbliche, però, ha preso posizione.

Né l'amministrazione, prima responsabile della sicurezza dei cittadini.

Né l'istituzione scolastica, dove pure frequentavano gli omicidi.

Né il CSM e la neuropsichiatria, centri prioritari di intervento per la salute pubblica.

Né le forze d'ordine, il cui intervento è sempre reattivo.

Silenzio.

Il mio timore è che a questo silenzio ci si abitui.

Forse lo stiamo già facendo.

Il lutto che ha investito come un treno Ghilarza è un lutto sociale, pubblico, e richiede un'elaborazione pubblica.

È necessario parlarne, parlarsi.

È necessario capire come siamo arrivati a questo punto, cosa possiamo fare da oggi in avanti.

Oppure possiamo continuare a far finta di nulla.

Tanto erano un gruppetto di balordi e quello un drogato. Che, quasi quasi, ben gli sta."