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"Non ho visto la corporatura. Ricordo che aveva la carnagione chiara e i capelli scuri: più lunghi nella parte superiore della testa, rasati quasi a zero ai lati".
Inizia così la deposizione del superteste del processo ad Alberto Cubeddu davanti alla Corte d'Assise di Nuoro. A parlare è una ragazza di Orune che la mattina dell'8 maggio 2015, pochi istanti prima dell'omicidio di Gianluca Monni, vide la Opel Corsa a bordo della quale viaggiavano i killer. Mentre l'auto le passava accanto, uno dei passeggeri la fissò a lungo.
"Indossava una felpa scura. La macchina è passata per ben due volte davanti a me. L'auto ha rallentato, andava a passo d'uomo. Non ho visto il conducente ma il passeggero sì. Guardava dalla mia parte con insistenza, lì per lì ho pensato che stesse guardando me. Gli ho mostrato il dito medio come per dirgli: ma cosa guardi? Lui non ha risposto. Solo più tardi quando ero già sul primo pullman ho saputo dell'omicidio, è stato lì che ho ricollegato il sopralluogo dell'auto con quanto è successo dopo".
E' importante la testimonianza della ragazza, perché fu proprio lei, nella caserma dei carabinieri di Orune prima e negli uffici del Comando Provinciale di Nuoro poi, a riconoscere fotograficamente Alberto Cubeddu. Di fronte alla prima foto che gli venne mostrata disse che in quell'immagine era certamente più giovane di quando lo aveva visto lei. Successivamente, davanti ad altre foto, confermò fermamente di aver riconosciuto l'allora 20enne indiziato degli omicidi Masala e Monni.
Ieri, a Nuoro, ha riconosciuto ancora una volta Cubeddu quale passeggero della macchina dalla quale scese il killer che freddò Gianluca Monni quella mattina di maggio del 2015. L'imputato non era in aula e alla testimone è stata mostrata una foto della patente del giovane.