“Diamo a Liliana Segre la cittadinanza di Cagliari”. Lo chiede a gran voce Valerio Piga, di Arrosa Collettivo, che scrive così: “In considerazione delle ultime minacce – spiega Piga - che l’hanno vista costretta ad accettare una scorta di polizia, credo sia importante per la nostra città testimoniare la vicinanza a questa figura e ai valori espressi di tolleranza e umanità facendo piazza pulita di rigurgiti fascitoidi o negazionisti che periodicamente affiorano da parte di singole voci. Chiediamo al Consiglio Comunale di Cagliari - aggiunge il portavoce di Arrosa Collettivo - che sia fatta una mozione nella quale si chieda che sia concessa a Liliana Segre la cittadinanza onoraria di Cagliari e che l’onorificenza le venga consegnata personalmente con un invito ufficiale da parte del Comune”. 

Liliana Segre, nata a Milano il 10 settembre 1930 da Alberto Segre e Lucia Foligno (morta quando Liliana non aveva ancora compiuto un anno) rimase vittima delle leggi razziali fasciste all'età di 8 anni, quando nel settembre del 1938 fu costretta ad abbandonare la scuola elementare. Poi la guerra,
i bombardamenti, la caccia all’ebreo. Un lungo periodo di vita nascosta con il padre e due cugini, braccata tra la Brianza e la Valsassina, infine il tentativo di trovare la salvezza in Svizzera, e l’arresto al confine il 7 dicembre 1943 da parte dei gendarmi del Canton Ticino. Fu rispedita in Italia dove, il giorno successivo, fu tratta in arresto a Selvetta di Viggiù, Varese. Dopo sei giorni di carcere venne trasferita prima a Como e alla fine nel carcere di San Vittore a Milano, in quel Quinto
raggio che il fascismo aveva destinato agli ebrei e dove rimase detenuta per 40 giorni.
Il 30 gennaio 1944 venne deportata con il padre in Germania, partendo dal 'Binario 21' della Stazione Centrale di Milano e dopo una breve sosta nel campo di transito di Fossoli arrivò al campo di concentramento di Birkenau-Auschwitz il 6 febbraio e fu internata nella sezione femminile. Dei
605 prigionieri ebrei del suo trasporto, circa cinquecento vennero mandati al gas e bruciati dopo poche ore. Non rivedrà mai più il padre, che morirà ad Auschwitz il 27 aprile 1944. Anche i suoi nonni paterni, arrestati a Inverigo, Como, il 18 maggio 1944, furono deportati ad Auschwitz, dove
furono uccisi il giorno stesso del loro arrivo, il 30 giugno dello stesso anno.
Alla selezione, le venne imposto e tatuato sull'avambraccio il numero di matricola 75190. Durante la sua permanenza nel campo di concentramento fu impiegata nei lavori forzati nella fabbrica di munizioni 'Union', di proprietà della Siemens, lavoro che svolse per circa un anno.


Il 27 gennaio 1945, sgomberato il campo di concentramento di Birkenau-Auschwitz per sfuggire all'avanzata dell'Armata Rossa, i nazisti trasferirono 56.000 prigionieri, tra cui anche Liliana Segre, a piedi, attraverso la Polonia, in un viaggio della morte verso la Germania. La Segre, non ancora 15enne, fu condotta nel campo femminile di Ravensbrück e in seguito trasferita nel sotto campo di Malchow, nel nord della Germania. Fu liberata il 1° maggio 1945, dopo l'occupazione del campo di Malchow da parte dell’Armata rossa. Tornò a Milano nell'agosto 1945. Liliana Segre è una dei 25 sopravvissuti dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati nel campo di concentramento di Auschwitz