Roberta Mamusa, mamma di Manuel Piredda, il giovane muratore deceduto nel 2011 nel terribile rogo della sua casa a Bacu Abis, è stata condannata questa mattina, dal giudice del Tribunale di Cagliari, Simone Nespoli, per diffamazione nei confronti di Valentina Pitzalis, ex moglie del figlio, rimasta sfigurata in viso nell’incendio.

Mamusa dovrà pagare una multa di 800 euro e risarcire la Pitzalis con una provvisionale iniziale di 5 mila euro. La vicenda della diffamazione era nata sui social, nei quali la mamma di Manuel aveva offeso la ragazza con alcuni post: sulla pagina di “Un sorriso per Vale”, gestita dalla stessa Valentina, rimasta sfigurata in viso, appare anche la notizia della condanna di Roberta Mamusa. Pronto invece ad impugnare la sentenza con ricorso, (non appena sarà depositata), il legale della madre di Manuel, Roberta Mamusa.

Il post sulla Pagina “Un Sorriso per Vale”

Questa mattina, nel tribunale di Cagliari, Roberta Mamusa, madre di chi mi ha sfigurato e reso disabile nonché mia suocera, è stata condannata per il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa e web nei miei confronti. Il giudice ha deciso che dovrà pagare una multa di €800 e una provvisionale di 5000 euro.
Ora, io sono contenta che abbia ricevuto l'ennesima condanna, tuttavia trovo ridicola la pena che le è stata inflitta. Ritengo che condannare al pagamento di una somma di denaro una persona che si dichiara nullatenente, che usufruisce del gratuito patrocinio ( del quale io non posso usufruire e che implica il fatto che senza l'aiuto di tante persone che mi sostengono non potrei nemmeno difendermi) e che è già stata in passato condannata a risarcire la sottoscritta di "tot somme"che non sono mai state pagate, sia una cosa totalmente inutile. Senza considerare inoltre il fatto che a me non importa minimamente il denaro perché credo che nessuna cifra mi potrà mai risarcire per tutto il male che mi è stato fatto. La signora, appena appresa la notizia della condanna ricevuta ha subito pubblicato sui social un post altamente diffamatorio nel quale continua a sostenere che io avrei portato il figlio nella tomba e ribadisce che non si fermerà mai. Questo a dimostrazione del fatto che non rispetta le sentenze e che le pene inflitte dal giudice non la tocchino minimamente.
Per tutte queste ragioni, non mi sento soddisfatta e anzi mi chiedo, oggi più che mai:"Cosa ancora dovrò subire prima che chi di dovere fermi una volta per tutte questa donna?" .
I miei avvocati Adriana Onorato e Cataldo Intrieri hanno dichiarato: “Valentina Pitzalis ha finalmente ottenuto un primo riconoscimento delle ingiuste sofferenze patite in questi lunghi anni a causa dell’attività persecutoria orchestrata nei suoi confronti dalla Mamusa e dai
suoi sostenitori. Attendiamo ora fiduciosi che l’Autorità Giudiziaria assuma tutti i più opportuni ed urgenti provvedimenti a tutela di Valentina, vittima, oltre che della furia omicida del suo ex marito, anche dello stalking ancora oggi posto in essere dai genitori del suo carnefice. Basti pensare che, pur dopo l’odierna condanna, la Mamusa ha già dichiarato sul web “lo rifarei altre mille volte”.

Il post di Roberta Mamusa sulla decisione del giudice

Anche oggi ingiustizia è fatta. Sono stata condannata per diffamazione per aver scritto nel 2015 su Facebook: non mi fermerò finché non esce la verità perché me lo hai portato nella tomba. Il giudice non era riuscito a dimostrare che la autrice del post ero io. Ma io ho ammesso le mie responsabilità perché lo rifarei altre mille volte dato che è stato l'unico modo per farci sentire e cercare di avere giustizia. Il giudice non ha tenuto conto delle frasi scritte da Pitzalis nel diario dove si lamenta di non essere riuscita a convincere Manuel a suicidarsi con lei e non ha tenuto conto della minaccia di morte scritta nella lettera che gli aveva spedito dalla Germania dove diceva che lo avrebbe ucciso con le sue mani. Non ha tenuto conto che questi sospetti li ha avuti anche la Procura, visto che è indagata per omicidio. Dovete sapere che invece per frasi ben più gravi di denunce che avevo fatto in passato i casi sono stati archiviati. Due pesi e due misure, voglio ancora credere nella giustizia e ripeto non mi fermerò dal chiedere giustizia per mio figlio.