Preoccupa il destino della diga di Sant'Antonio a Capoterra, dopo la delibera della Giunta regionale che nel dicembre 2020 ne ha decretato la demolizione, in tanti ne chiedono, invece, la salvezza e una riconversione per finalità turistiche e culturali.

“La diga di Sant’Antonio è uno specchio d’acqua da salvare e da valorizzare, anzitutto sfruttando l’acqua, e poi favorendo la nascita di nuove attività sportive, magari con un soggetto attuatore esperto che possa presidiare il sito e trasformarlo per eventi di qualità, sportivi e culturali, capaci di valorizzare i territori di Santadi, Capoterra, Assemini, e dintorni. Ciò sarà possibile solo se lo vorrà la volontà politica, e bloccherà gli effetti già conseguenti a una delibera”.
È il parere esperto di Marcello Polastri,  intervistato oggi da Sardegna Live su un argomento che preoccupa tante persone.

Ambientalista, ex presidente e fondatore del team Esplora Sardegna, guida turistica, Polastri conosce il territorio delle montagne di Santadi, Assemini e Capoterra come le sue tasche.  Basti pensare che un anno fa ha esplorato anche i cunicoli della diga, oltre ai chilometrici passaggi segreti della vicina Mminiera di San Leone, alla quale dedicherà una puntata televisiva del programma “Alla ricerca delle colonne d’Ercole” in onda tv sul Canale 13 del digitale terreste, tra un mese.

“Miniera e diga sono parte integrante del medesimo paesaggio e della medesima storia antropica” afferma l’esperto. In uno stralcio video, appare anche lei, in tutta la sua bellezza,  l’affascinante diga, un tempo utile per le attività estrattive delle miniere della zona e che, in quanto tale, andrebbe forse vincolata e messa a sistema “per il rilancio turistico e occupazionale della zona”.

Nel video, Polastri parla anche di questo, con il collega giornalista Alessandro Congia, i quali hanno intervistato un personaggio di spicco della Democrazia Cristiana di un tempo: l’ex curatore della Diga di Sant’Antonio, Luigi Marras, ex consigliere comunale di Capoterra.

“Demolire la diga? Sarebbe un errore, un danno per la selvaggina, una carenza per il servizio antincendio, acqua sprecata e poi la diga non è affatto pericolante, perché costruita in un modo arcaico ma efficiente, che oggi sogneremo. Meglio affidarla a chi potrebbe prendersene cura, come facevo io un tempo garantendone la sicurezza e l’efficienza” conclude Marras. 

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