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I sei mesi di sospensione dall’esercizio di pubblico servizio, inflitti ai responsabili dei maltrattamenti nei confronti dei disabili della struttura sanitaria A.I.A.S. di Decimommanu, non convincono affatto i familiari delle vittime.
Tanta la rabbia che emerge dalle loro parole che gridano pene più pesanti per gli indagati. Provvedimenti, quindi, che ai loro occhi appaiono miseri e incomparabili alla brutalità delle umiliazioni e dei maltrattamenti che i loro cari sono stati costretti a subire per anni. Persone con disabilità che non erano in grado di difendersi né di denunciare a chi di dovere e nemmeno ai propri parenti le atrocità a cui erano sottoposti.
Secondo le interviste fatte ai familiari, nessuno di loro era al corrente di ciò che accadeva all’interno del Centro, ma già da qualche tempo alcuni nutrivano forti dubbi. Si pensava all’inizio che i lividi e i segni sulla pelle fossero dovuti a liti con altri pazienti o se li fossero procurati da soli, nel caso dei pazienti autistici, poi è arrivata la verità che nessuno avrebbe voluto ascoltare.
Continuano, intanto, le indagini dei militari del Comando Provinciale Carabinieri e dei N.A.S. Dalle pagine dell’inchiesta emergono dettagli agghiaccianti. Insulti, umiliazioni, imprecazioni, percosse e continue minacce sono trapelate dalle intercettazioni dei Carabinieri.
«Ti ammazzo a sculacciate» avrebbe detto l’operatore Sandro Gambicchia a un paziente colpendolo ripetutamente. E ancora, l’educatrice Elsa Giorgia che assiste i disabili alla mensa: «Siediti bene, schifoso, cumenti ti ses ponendi!», accompagnando puntualmente ogni rimprovero con minacce di schiaffi e colpi. Tra le registrazioni emergono anche le voci di altri operatori, tra cui quella di Sabrina Carta che rivolgendosi ad una paziente dice: «Bregungia sesi... non azzardarti a passarmi vicino così e tutta pisciata».
Queste sono solo alcune frasi, tra le meno brutali, che i pazienti del Centro A.IA.S. sentivano ripetersi quotidianamente.
Una violenza che, come emerge dalle intercettazioni, non si limitava al verbale, ma che sfociava in crudeli percosse che non si fermavano nemmeno davanti alle grida disperate dei disabili che gli imploravano di smettere.
Nonostante i provvedimenti disciplinari, molti dei parenti delle vittime sono intenzionati a trasferire i propri cari in altre strutture.