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"Sì ho trasferito io senza autorizzazione i campioni all'ospedale San Giovanni di Dio di Cagliari. Ma pensavo di poterlo fare".
Così il professor Mario Pirastu, creatore di SharDna, sentito oggi a sommarie informazioni dal comandante della compagnia di Jerzu, Giuseppe Merola, nell'ambito dell'inchiesta sul 'furto' delle migliaia di provette con il Dna di 14mila sardi, sparite dal Parco Genos di Perdasdefogu.
Le dichiarazioni di Pirastu sono state trasferite sul tavolo del procuratore di Lanusei, Biagio Mazzeo, titolare delle indagini: quelle provette, dunque, non sono scomparse ma si troverebbero nell'ospedale cagliaritano. Emergono nel frattempo nuovi particolari sull'acquisizione del Dna: dalla lettura dei moduli si apprende che i donatori hanno firmato il consenso per il trattamento del materiale biologico autorizzando il Cnr di Sassari e la SharDna, venduta dopo il fallimento, nel luglio scorso, alla società inglese Tiziana Life per 258mila euro.
Secondo gli inquirenti, in base alla normativa sulla privacy, quelle stesse persone potrebbero revocare in qualsiasi momento l'autorizzazione alla nuova società. Il procuratore Mazzeo, che a fine agosto ha aperto un'indagine contro ignoti per furto, sta valutando in queste ore, anche alla luce delle rivelazioni del prof. Pirastu, che al momento non è indagato, se nel trasferimento del materiale biologico siano stati commessi reati - la normativa sulla privacy mette molti paletti procedurali al trattamento di questo tipo di dati - e chi siano eventualmente gli autori. Intanto centinaia di ogliastrini che si sono sottoposti alle analisi del loro Dna dai primi anni 2000 stanno chiedendo delucidazioni al Garante della privacy Antonello Soro per decidere il da farsi.