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Domani, sabato 10 giugno, il Comune di Paulilatino ospiterà il convegno dal titolo “Il complesso archeologico di Santa Cristina di Paulilatino. Tra vecchie e nuove ricerche”. Presenti all’evento gli studiosi che hanno contribuito alle indagini effettuate negli anni sull’area e saranno presentati i risultati delle più recenti campagne di scavo concluse nel 2021. Il convegno si terrà presso il salone delle feste “Su Sotziu”, in Piazza Rinascita, e inizierà alle 9:45 con il saluto delle autorità. Un’importante occasione per far conoscere alle autorità i risultati dei recenti studi e in parte la storia delle ricerche, che negli anni sono diventate sempre più articolate. Presente, naturalmente, anche il sindaco Domenico Gallus, giunto al suo quarto mandato.
Di cosa tratta, in sostanza, il convegno? “Presenteremo i risultati degli scavi diretti dalla dottoressa Depalmas e delle opere di ristrutturazione che abbiamo fatto su alcuni importanti siti – spiega il primo cittadino –. Poi esporremo il risultato della ristrutturazione di una vecchia capanna nuragica, che sono stati diretti dall’ingegner Saba. Oltre a queste esposizioni gli interventi di stimati professionisti che parleranno dei piani riguardanti l’area archeologica per il futuro”.
Paulilatino in ottica Unesco: “Ricordo che facciamo parte di quei 32 Comuni che stanno facendo quel famoso percorso verso l’Unesco, individuato dal comitato scientifico istituito dal presidente Pier Paolo Vargiu”. L’ultimo ventennio di amministrazioni a Paulilatino è stato quasi interamente attraversato dalle giunte con alla guida Vargiu, da sempre sensibile al tema della valorizzazione dell’area archeologica: “Sin dall’inizio si è deciso di puntare su questo sito, dove si è arrivati a importanti risultati dal punto di vista delle presenze, riuscendo a contarne fino a 60-70mila all’anno. Da poco, inoltre, Costa Crociere, dopo l’approdo al porto di Oristano ha inserito il sito fra gli itinerari consigliati per le escursioni, e martedì scorso sono arrivati i primi pullman”.
“E’ chiaro – ribadisce – che l’obiettivo è quello del riconoscimento da parte dell’Unesco, e per questo come amministrazione avevamo già tentato alla fine del mio scorso mandato sino al 2018, attraverso la proposta singola che riguardava esclusivamente il pozzo di Santa Cristina. Adesso ci troviamo in mezzo ad una grandissima presenza di manufatti nuragici e dunque siamo molto più consapevoli che potrebbe trattarsi della volta buona”.
I progressi negli scavi sono dovuti al lavoro costante di studiosi ed esperti che da anni analizzano meticolosamente i risultati. Fra questi la professoressa Carla Del Vais, docente presso l’Università degli Studi di Cagliari, che domani sarà protagonista nel convegno con la presentazione degli scavi negli anni 2018-21 nell’area attorno al nuraghe, condotti sotto la sua direzione e quella della professoressa Anna Depalmas. “Per tre anni, escludendo il 2020 causa Covid – racconta a Sardegna Live –, abbiamo lavorato nell’area del nuraghe. Questa zona era già stata indagata negli anni ’70, e poi nel 2000-01, dalla Soprintendenza in collaborazione con l’Università di Cagliari. In quell’occasione – ricorda – erano state messe in vista delle strutture tutt’oggi visibili”.
Dopo oltre 15 anni, dunque, nel 2018 la ripresa degli scavi, nel triennio di concessione ministeriale: “Sono ripresi sia all’interno del nuraghe che nel villaggio – spiega la studiosa – e quindi abbiamo approfondito le analisi. Abbiamo voluto impostare questa ricerca sia come archeologica che come multidisciplinare. Infatti, grazie a collaborazioni con altri studiosi abbiamo approfondito specifici campi, in particolare nella archeozoologia e nella archeobotanica. Adesso stiamo cominciando ad avviare lo studio archeometrico sulle ceramiche”.
Cosa dicono i risultati degli scavi? “Siamo in presenza di un contesto nuragico oggetto di una lunga frequentazione. Abbiamo le tracce nuragiche, ma subito al termine di quest’età nuragica ci sono tracce di una frequentazione fenicia e quindi l’installazione di una comunità punica legata a filo doppio con Tharros. Una frequentazione che poi è continuata anche dopo l’età repubblicana e in età romano-imperiale ha avuto una notevole espressione. Infine, è ripresa con grandissima evidenza a partire da età tardo-antica/alto-medievale. Quindi la maggior parte delle strutture che vediamo oggi attorno al nuraghe di Santa Cristina non sono nuragiche ma bensì medievali”, chiarisce la professoressa Del Vais.
“Adesso, a conclusione di questi tre anni di scavi stiamo informando la comunità riguardo i nostri risultati preliminari, non soltanto a livello di materiali ma anche a livello di economia. Tanti particolari per cercare di ricostruire la vita della comunità insediata intorno al nuraghe”, conclude.
Per quanto riguarda l’area del pozzo, gli scavi sono più datati, e si sono concentrati quasi interamente negli anni ’60. La cronistoria di scavi e studi riguardante questa parte del sito archeologico è affidata alla professoressa Anna Depalmas, docente presso l’Università degli Studi di Sassari e specializzata negli studi sull’età nuragica. “Questo sito – spiega l'accademica – non è stato interessato dai recenti scavi. Ricostruirò la storia degli studi delle ricerche svolte nell’area del pozzo, anche in vista di una auspicabile prossima ripresa degli scavi nell’area circostante, dove c’è ancora sicuramente tanto da indagare”.
Dunque un balzo indietro nel tempo, partendo dagli studi iniziali e passando per gli scavi degli anni Sessanta, sino a giungere alle attuali conoscenze del territorio: “Cercherò di mostrare tutto ciò che si è fatto in laboratorio a Paulilatino sui materiali raccolti negli anni degli scavi. Infatti sono custoditi nel museo comunale e c’è stato un lunghissimo lavoro di risistemazione non ancora concluso. Un quadro dunque generale, relativo all’area del pozzo”, conclude.