Cosa c’è dietro la disponibilità di donare i propri organi ad altre persone altrimenti destinate a morire? Qual è la molla che scatta e che fa credere che la nostra vita può avere ancora più senso se proiettata oltre la nostra esistenza anche quando verremo a mancare? Noi italiani avremo tanti difetti, saremo pure tra quei Paesi principi della corruzione o di altre forme di malcostume, però, in quanto a generosità e altruismo rispetto a chi soffre, lì no, nessuno ci può impartire lezioni. Infatti, l’Italia, secondo i dati relativi al 2015, si conferma tra  i primi tre Paesi europei, dopo Spagna e Francia, con un totale di 3.317 trapianti eseguiti.                        

Insomma, come dire, il popolo italiano è fatto per le alte classifiche, nel bene e nel male. Solo che il male non potrà mai essere compensato dal bene, perché per eliminarlo occorre la stessa volontà positiva che noi riponiamo nelle azioni di solidarietà silenziosa e quotidiana di cui, certo, andiamo fieri e orgogliosi.

Del tema  della donazione e del trapianto di organi, tessuti e cellule, si è parlato recentemente ai giovani militari della Scuola Allievi  Carabinieri di Iglesias. L’iniziativa è stata organizzata dall'associazione sarda trapianti e dal presidente della Sezione UNUCI (Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia), Giovanni Maccioni, che durante il suo intervento ha illustrato il nuovo protocollo d’intesa “Difendi la Patria, dai valore alla vita”.

Il quale fa seguito al primo documento del 2007 - ideato dallo stesso Maccioni e sancito da un accordo tra il Ministero della Salute e il Ministero della Difesa – teso alla promozione, all’informazione e alla sensibilizzazione della cultura della donazione e trapianto degli organi tra gli uomini e le donne con le stellette. 

Certo, i dati statistici sulle donazioni sono una bella testimonianza di grande solidarietà, però c’è ancora tanto da fare, perché è possibile dare sempre di più. Le liste di attesa, infatti, sono ancora molto, troppo lunghe, a fronte di un atteso cambiamento culturale che vinca le attuali resistenze e riserve che impediscono di donarsi sempre, soprattutto quando non si è più in vita, verso il prossimo.

In questa prospettiva, il nuovo Protocollo prevede, in particolare, un maggiore impulso verso le attività di promozione e diffusione delle modalità di dichiarazione di volontà, unitamente all’individuazione di due elementi di organizzazione in seno ai rispettivi Dicasteri che gestiscano le attività operative discendenti dal Protocollo. Le quali si identificano nell’Ispettorato Generale della Sanità Militare per la Difesa e nel Centro Nazionale Trapianti per la Salute.

Tra i relatori, il prof. Luca Poli, vice presidente dell’Associazione Sarda Trapianti e Ufficiale in congedo dell’Aeronautica Militare, oltre alla relazione scientifica esposta nel filmato “Un’altra vita, storie di trapianti”, ha parlato della sua trentennale esperienza di chirurgo trapianto logico dell’Università La Sapienza, operante nel Policlinico Umberto Primo di Roma.

I giovani allievi carabinieri hanno seguito con grande interesse le varie fasi della conferenza, partecipando  anche con domande che hanno consentito un ulteriore sviluppo dei temi trattati.

Una sensibilità, quella dei militari, testimoniata dai dati. "Abbiamo avuto già 4.700 adesioni all'interno delle Forze Armate", ha dichiarato recentemente, in occasione della presentazione del nuovo protocollo d'intesa, a Roma, la ministra Roberta Pinotti. "Quello dei trapianti è un tema che ai militari sta molto a cuore. La loro adesione è un esempio di civiltà perché vuol dire concedere speran