La storia della Sardegna è costellata di figure femminili che nei secoli si sono distinte e hanno dato lustro all’Isola: personalità prorompenti, spesso anticonformiste e scomode, capaci di imporsi in una società storicamente fallocentrica. In occasione della Festa della Donna vogliamo celebrare una delle figure femminili maggiormente influenti nella storia della Sardegna, impostasi come protagonista nello scenario medievale isolano: Eleonora d’Arborea. 

ELEONORA D'ARBOREA

Nata a Molins de Rei intorno al 1347, nel Regno di Aragona, era figlia di Mariano IV de Bas. Si trasferì in tenera età in Sardegna, con la famiglia, dove sotto il giudicato del padre trascorse i primi anni della sua giovinezza presso la corte di Arborea, vicino ad Oristano. A quei tempi la Sardegna era divisa in quattro entità territoriali: i giudicati di Cagliari, Torres, Gallura e Arborea; di quest’ultimo era giudice – quindi governatore – proprio Mariano. 

Dopo la morte di Mariano, succedette al padre Ugone III, fratello di Eleonora, ma il suo assassinio e quello della figlia Benedetta nel 1383 pose immediati problemi circa l’elezione di un nuovo giudice. Nel frattempo Eleonora, che aveva sposato Brancaleone Doria, nobile ligure e signore di Castelgenovese (oggi Castelsardo), Monteleone, Casteldoria e numerose altre contrade nel nord della Sardegna, ebbe due figli: Federico e Mariano. Per loro la madre aveva in serbo ambiziosi piani politici.

ASCESA POLITICA

Con l’uccisione del fratello, infatti, la donna spinse affinché il primogenito fosse eletto giudice d’Arborea. Così, scrisse al re d’Aragona, Pietro IV, per convincerlo a conferire la carica a Federico. Tuttavia il sovrano, intimorito dalle ambizioni di potere di Eleonora, prese in ostaggio il marito Brancaleone che era stato inviato a trattare. Eleonora fece quindi rientro a Oristano, punì i congiurati e, seguendo l’antico diritto regio sardo secondo cui alle donne era consentito salire al potere in mancanza di eredi maschi, si autoproclamò giudicessa di Arborea.

Nominandosi successivamente reggente del figlio Federico, riuscì a far conseguire il titolo al primogenito, eletto giudice dall’assemblea della Corona de Logu. Dopo i contrasti dovuti alla politica di guerra della giudicessa iniziarono le trattative di pace tra il giudicato e la corona aragonese, che durarono ben tre anni.

LA CARTA DE LOGU

Una delle più notevoli iniziative - senz'altro la più importante - intraprese da Eleonora, fu la sua revisione della Carta de Logu, a suo tempo promulgata dal padre e rivista dal fratello, con la quale diede una sistemazione stabile e duratura agli ordinamenti ed agli istituti giuridici del regno. La carta era una raccolta di leggi e di usi giuridici locali, che comprendeva 198 capitoli su norme di diritto civile e penale. Riconosciuta come uno dei più validi e prestigiosi statuti del Trecento, rimase in vigore fino alla prima metà del XIX secolo.

Nella sua revisione della Carta de Logu, la giudicessa introdusse temi, lotte e questioni di rilevante spessore e sorprendente modernità, se contestualizzati al periodo storico. Venne codificata una eccezionale sensibilità riguardo persone, natura e ambiente. Erano previsti severi provvedimenti contro coloro che appiccavano incendi e contro gli uomini che perpetravano violenze sulle donne (nel caso di violenza carnale nei confronti di una nubile, il matrimonio riparatore era ammesso solo col consenso della donna).

La politica di Eleonora era volta alla tutela della popolazione, ma soprattutto delle donne, anche in tema di matrimoni “riparatori”, una prassi comune ai tempi: agli uomini non era infatti permesso di decidere sulle nozze, a meno che non fossero le donne stesse ad accettarle.

ELEONORA: DONNA SOVRANA

Servirebbero pagine su pagine per raccontare l’importanza che Eleonora d’Arborea ha avuto nel mondo femminile. Il rilievo che una figura come quella di Eleonora d’Arborea ha avuto nella sua epoca e in quelle successive lo si può constatare tramite la narrazione che di essa si è fatta. La regina guerriera: stoica, coraggiosa, visionaria, moderna; la prima donna di potere della società sarda, capace di resistere a oltraggi e oppressioni, governatrice giusta e fiera, ancora oggi simbolo dei diritti delle donne.

Sa sarda Eleonora d’Arborea (La sarda Eleonora d’Arborea)

fi fizza de su prode Marianu (era figlia del prode Mariano)

generada po tenere in pelea (generate per tenere sotto controllo)

s’aragonesu populu tirannu (l’aragonese, popolo tiranno)

est oe venerada cale dea (è oggi venerata come una dea)

ca s’est distinta pro mente e pro manu (perché si è distinta per mente e per mano)

sezzida a caddu faghet meraviglias (seduta a cavallo fa meraviglie)

punghende a lansa e a mano in briglias (Pungendo a lancia e a mani nelle briglie)

naschida forzis in milletreghentos (nata forse nel milletrecento)

barantasese o sette pro amentos? (quarantasei o sette per ricordare?)

(Testo d’autore colto non identificato, riportato da Rosina Spanu Corona a San Vero Milis)