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La voce di Marco Masala è appesantita dall'attesa. I suoi occhi si inumidiscono ancora, dopo tutti questi anni, quando ricorda la gioventù perduta di suo figlio Stefano. Il suo cuore è consumato da un dolore vissuto sempre con dignità e compostezza e che non ha mai soffocato la speranza di poter, un giorno, assicurare una sepoltura al giovane ucciso a Nule quasi sette anni fa.
Ieri, 29 marzo, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna all'ergastolo per il 25enne di Ozieri Alberto Cubeddu, ritenuto responsabile del duplice delitto di Stefano Masala e Gianluca Monni, assassinati rispettivamente il 7 e l'8 maggio 2015 a Nule e Orune.
I giudici della Corte Suprema si sono espressi dopo circa cinque ore di camera di consiglio respingendo il ricorso presentato dagli avvocati difensori dell'imputato, Mattia Doneddu e Patrizio Rovelli. Convalidata, dunque, la sentenza emessa il 3 luglio 2020 dalla Corte d'Appello di Sassari, che, non credendo alla reiterata dichiarazione di innocenza, aveva confermato il carcere a vita precedentemente inflitto in primo grado dal Tribunale di Nuoro. Sciolto definitivamente ogni dubbio sulla colpevolezza del 25enne, responsabile per la giustizia dei due omicidi con la complicità del cugino, Paolo Enrico Pinna, minorenne all'epoca dei fatti e già condannato in via definitiva a 20 anni di carcere.
Marco Masala, già stamane, aveva invocato sulle pagine de La Nuova Sardegna "la certezza della pena e nessuno sconto". Una posizione ribadita a Sardegna Live. "La sentenza allevia in parte il dolore - commenta il papà di Stefano Masala -. Ci rimane solo la speranza che nel tempo cambi qualcosa".
Il corpo di Stefano, infatti, nonostante le continue e meticolose ricerche non è mai stato trovato. "Per noi non è finito tutto ieri - conclude Marco Masala -. Dobbiamo lavorare con l'aiuto della giustizia per riportare Stefano a casa".