“Visto che non ci aiutate come italiani, vediamo se ci aiutate come profughi e clandestini, non abbiamo più nemmeno i documenti, ora vogliamo 35 euro al giorno, sigarette, ricariche e albergo rigorosamente con Wi-Fi”.

Non vuol’essere polemico ne tanto meno feroce il post su facebook pubblicato da Luca Aresu e che ‘accompagna’ la decisione degli ex dipendenti allo sciopero della fame a al gesto eclatante di incatenarsi ai cancelli del palazzo municipale.  

Il dramma è sempre lo stesso, analogo a quello sfociato due mesi fa, quando i 18 lavoratori non sono stati riconfermati dalla loro ‘società madre’ che si occupa della nettezza urbana in città. 

La loro sofferenza è sotto gli occhi di tutti, classe politica regionale e comunale: il “chiasso” dei bastoni utilizzati sui bidoni metallici è assordante, persino durante le sedute del consiglio comunale: servirà a cambiare qualcosa? Loro, per ora, gli ‘irriducibili’ ex DeVizia, non mollano, non possono vedere i loro familiari patire sofferenza e fame. Quella che nessun individuo, extracomunitario o meno, dovrebbe patire.