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La pioggia che batte lenta sui tetti di Porto Torres non spegne l’attesa di un appuntamento che scalda i cuori.
In tanti hanno messo in tasca un biglietto per assistere al Recital di Francesco Demuro, protagonista della lirica mondiale, che in questo centro a nord della Sardegna ha respirato i suoi primi battiti.
Il clima familiare accompagna i minuti che precedono l’ingresso, il pianoforte al centro della scena sottolinea l’eleganza dell’evento.
Le mani di Michele Nurchis addolciscono i tasti bianchi e neri che muovono le note di Gaetano Donizetti quando Francesco, nei panni di Nemorino e con gli occhi lucidi, intona “Quant’è bella, quant’è cara” prima di ricamare l’”Elisir d’amore” con “Una furtiva lagrima”.
E’ subito ovazione. L’abbraccio turritano si fa intenso e accogliente. I cuori faticano a contenere l’orgoglio.
In prima fila c’è la mamma del cantante, che trema di gioia.
In prima fila ci sono anche le sue bellissime figlie e soprattutto Ilenia, la più piccola, che a soli 8 anni conosce tutte le opere che il padre porta in scena.
In prima fila c’è soprattutto Vittoria, la donna che ama, la sposa che ha scelto per colorare tutti i giorni della sua esistenza, che ha gioito per lui, che ha sofferto con lui, che ha lottato e vinto insieme a lui.
L’alchimia che lega Vittoria e Francesco è una mistura d’oro raro: più passa il tempo e più si vogliono bene.
L’artista “cammina” tra gli spartiti che cantano attraverso la sua voce e poi “rincorre” Verdi e Puccini fino alla celebre romanza “Mattinata” di Ruggero Leoncavallo, l’aria interpretata dai più importanti tenori della storia, diventata un classico dei concerti lirici.
Il primo pensiero di Francesco è per i due cantanti d’opera che hanno perso la vita, con il loro bambino, dopo uno spettacolo a Barcellona e durante lo schianto dell’aereo che sulle montagne dell’Altra Provenza ha ucciso 150 persone: “La mia voce canta un frammento del “Requiem” di Verdi per i miei colleghi sfortunati, per una famiglia che non c’è più”.
La serata scorre e si sfogliano le pagine scritte dai grandi compositori della musica italiana: “Parlami d’amore, Mariù”, “Mamma”, “Addio, sogni di gloria!” e “Non ti scordar di me”, per citarne alcune.
“Sono più emozionato questa sera, a Porto Torres, che a New York, quando ho debuttato poche settimane fa al Metropolitan, il teatro d’opera più grande del mondo!”, sussurra Francesco, sommerso dagli applausi.
E’ la verità. Negli spazi prestigiosi che hanno consacrato il suo percorso, dalla Scala di Milano all’Arena di Verona, nei palchi lucenti dell’Oriente e dell’Occidente, hanno applaudito e osannato l’arte e l’artista, qui, nella città che gli ha dato i natali, applaudono l’uomo, i suoi sacrifici, il ragazzo che “si è fatto da solo”.
Porto Torres ha ascoltato “quel” bambino che a tre anni sulle casse vuote della birra attirava l’attenzione con la sua voce trasparente.
La gente che gli ha sempre voluto bene, nutrendo i suoi sogni d’amore, vive nelle case qui intorno.
E’ la stessa gente che con il “primo”