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Vent’anni di reclusione per Joselito e Michael Marras, padre e figlio di 53 e 28 anni, di Dolianova, accusati dell'omicidio di due allevatori calabresi, i fratelli Massimiliano e Davide Mirabello, di 35 e 40 anni, uccisi il 9 febbraio 2020 nelle campagne di Dolianova. La Corte d'assise d'appello di Cagliari, presieduta dal giudice Paolo Costa, ha accolto la richiesta del sostituto pg Michele Incani, che aveva chiesto di confermare la pena decisa in primo grado dal gup del Tribunale Giorgio Altieri. A presentare ricorso in appello erano stati gli avvocati Patrizio Rovelli e Maria Grazia Monni, difensori dei due imputati.
Il verdetto è stato commentato dall'avvocato Gianfranco Piscitelli, vicino sin dai primi momenti ai familiari delle vittime sia come legale di fiducia che come Presidente dell'associazione Penelope Sardegna. "Le tesi difensive basate su una pretesa fantasiosa legittima difesa non hanno, come già in primo grado, trovato alcun credibile riscontro, come anche le dichiarazioni rese dagli imputati e la loro personalissima ricostruzione fattuale. Va chiarito che, nel nostro ordinamento, sussiste il diritto dell'imputato di fornire la 'sua' ricostruzione dei fatti per i quali risponde, mentendo, e quindi versando nel processo prove non genuine o ricostruzioni fattuali fantasiose: l'imputato può mentire! Il diritto di mentire da parte dell'imputato è un dato acquisito per il nostro ordinamento giuridico, e tanto si evince da evidenti e chiari riferimenti normativi costituzionali e non".
"Se infatti - prosegue Piscitelli -, il diritto di difesa è, secondo il dettato dell'art. 24 della Costituzione, inviolabile, ne discende che l'imputato ha il diritto di difendersi nel modo che ritiene più opportuno e con le modalità che reputa più convenienti. Se l'imputato, al fine di resistere all'accusa che gli viene mossa, decide di effettuare una ricostruzione della sua condotta difforme dal vero, questo suo atteggiamento rientra a pieno titolo nel suo inviolabile diritto di difesa. Ma io difendo le parti lese e sono convinto che non ci sia stata alcuna risposta legittima ad una aggressione bensì un vero e proprio agguato per uccidere, per vendetta dopo l'affronto subito dai Marras da parte dei Mirabello durante il precedente litigio finito in ospedale per il giovane Marras".
"Per me - afferma l'avvocato - Michael Marras ha partecipato attivamente al duplice omicidio, spinto a ciò dal di lui genitore Joselito e probabilmente indotto anche dall'uso che padre e figlio facevano di cocaina, come risultante in atti. Infatti, l'uso di cocaina crea degli effetti altalenanti di rebound che vanno ad influenzare i freni inibitori. Quanto condizionato dal padre Joselito in merito all'affronto subito non doveva costituire solo una rivendicazione suggerita ma bensì imposta non solo a difesa della persona ma dell'intera stirpe. Una grave onta, un duro colpo al narcisismo individuale che doveva essere saldato col sangue; questo contagio psichico va immaginato in una sub cultura criminale quale quella in cui il padre Joselito ha sempre vissuto, imponendo la propria forza nel territorio a lui circostante. Ed è quanto è stato poi esercitato imponendo la propria forza anche attraverso il figlio per ragioni di indispensabile vendetta, inducendolo a completare l'opera da lui iniziata con il fucile, ma che solo e soltanto Michael doveva fare proprio per la sub cultura criminale, proprio come il preciso dettato dell'antico Codice Barbaricino che impone a chi ha ricevuto lo sgarbo e non ad altri di dimostrare di essere un 'balente'".
"Ecco perché sono convinto che Michael sia colpevole quanto il padre reo confesso e che la sentenza ieri confermata sia giusta...", ha concluso l'avvocato Piscitelli.