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Per ripercorrere le origini della civiltà sarda è necessario fare un lungo salto nel tempo, tornando indietro nei millenni. L’isola situata nel bel mezzo del Mediterraneo è stata sin dagli albori punto d’attracco assiduamente frequentato da navigatori ed esploratori alla ricerca di materie prime e di nuovi sbocchi commerciali. Secondo la leggenda, i primi ad abitare la Sardegna sarebbero stati i giganti. Questi esseri dall’imponente statura e dalla forza sovrumana sono frutto della fantasia popolare, diventati nel tempo figure fortemente identitarie della Sardegna stessa.
Il mito dei giganti è vastissimo e si estende a quasi tutte le culture indoeuropee: in molte zone del continente la tradizione popolare fa riferimento a giganti di varia natura, in molti casi per spiegare fenomeni naturali (come il terremoto) oppure le grandi costruzioni di civiltà antiche. Quest’ultimo caso è attinente alla tradizione dei giganti in Sardegna, i cui primi abitatori erano detti Gentiles, “i giganti costruttori”.
I PRIMI ABITANTI. Contraddistinti da una statura ciclopica, in genere vengono raffigurati come creature di bell’aspetto. Secondo alcune versioni si presentavano con un solo occhio, sul modello del più celebre Polifemo della mitologia greca. A loro si deve la costruzione dei monumenti funerari megalitici e, secondo alcune leggende, ricevettero l’incarico di “pastori della terra”, così da prepararla all’arrivo dell’uomo. Proprio l’uomo in antichità avrebbe avuto rapporti diretti con questi esseri fantastici, da cui avrebbero imparato a costruire le abitazioni in pietra, oggi note come Nuraghes.
In passato, proprio nei paraggi di quelle che sono state ribattezzate come Tombe dei giganti, sono state rinvenute ossa umane di dimensioni sproporzionate rispetto a quelli che erano gli standard dell’epoca. La statura media a quei tempi, secondo alcuni studi, dovette infatti essere all’incirca di un metro e cinquanta, pertanto, un uomo la cui altezza si aggirava attorno ai due metri era considerato a tutti gli effetti un gigante. Si narra che ancora oggi essi pascolino senza tuttavia farsi notare dall’occhio umano, con il quale non hanno più alcun tipo di rapporto.
TOMBE DEI GIGANTI. Come già detto, secondo la tradizione i monumenti megalitici di quel tempo sarebbero da attribuire alle loro abilità costruttive. Fra questi quelli che sono stati idealmente rinominati Tombe dei giganti. Presumibilmente utilizzate fra il Bronzo Antico e il Bronzo Finale (1800 – 1100 a.C.), erano presenti in tutta la Sardegna, e trattasi di imponenti costruzioni a base rettangolare absidata (con la parte finale semicircolare), costruite con grossi blocchi di pietra. Stiamo parlando di veri e propri sepolcri e consistono essenzialmente in una camera funeraria lunga fino a 30 metri e alta 3 metri.
Il primo tipo di Tomba dei giganti è il cosiddetto "tipo dolmenico", dotato della caratteristica stele centinata, molto più frequentemente bilitica e più raramente monolitica. Col tempo sono state utilizzate come ossari nei quali depositare le spoglie dei defunti una volta scheletrizzate, seppellite quando raggiungevano un numero consistente. I culti legati alle tombe di giganti, la cui forma secondo alcune ipotesi richiama sia ad una testa bovina sia ad una partoriente, prendono ispirazione dl dio Toro e dalla dea Madre. Oggi le si trova principalmente nella zona interne dell’Isola, dove se ne contano circa la metà del totale. Secondo l’ultimo censimento risalente al 2003 quelle conosciute sono 800.
SCOPERTA A MONT'E PRAMA. Antiche sculture risalenti all’età nuragica e sopravvissute sino ai giorni nostri sono i Giganti di Mont’e Prama, dalla località in cui sono stati casualmente rinvenuti nel marzo del 1974, nel Sinis di Cabras. Sono state scolpite a tutto tondo, ognuna a partire da un unico blocco di arenaria gessosa locale proveniente da cave distanti in linea d'aria sedici chilometri. Hanno un’altezza variabile fra i due e i due metri e mezzo e rappresentano principalmente gli antichi arcieri, guerrieri e pugilatori sardi. Sono state ritrovate spezzate in numerosi frammenti, contigui ad una vasta necropoli costituita attualmente da circa 150 sepolture. Nel 2014, a seguito di nuove campagne geofisiche, le università di Sassari e Cagliari hanno ripreso gli scavi, portando alla luce nuove tombe e statue.