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Con le vacanze pasquali alle porte si ripropone la tradizionale incognita su dove trascorrere la giornata di Lunedì dell'Angelo, dedicata a scampagnate e gite fuori porta. Vi proponiamo in questo articolo una serie di mete imperdibili in Sardegna, fuori dai soliti circuiti turistici e al contempo poco distanti dalle località di punta. Le destinazioni proposte si inseriscono in contesti profondamente affascinanti che forniscono numerose opportunità per passare una giornata all'insegna del relax e a contatto con la natura.
SAN PANTALEO (OLBIA). Un pittoresco borgo fuori dal tempo incastonato fra i blocchi di granito che rendono selvaggia la Gallura e il mare cristallino della Costa Smeralda. A un passo da Olbia, ma appena fuori dagli itinerari di massa. San Pantaleo è una tappa imperdibile per chi vuole scoprire gli angoli più affascinanti del nordest dell'Isola. Il piccolo centro, nato alla fine del XIX secolo attorno alla suggestiva chiesetta dedicata all'omonimo santo, sorge sul massiccio granitico di Cugnana. Le sue graziose casette sono edificate sul modello dei tipici stazzi galluresi e impreziosite da un fiorire di oleandri e inserti artistici che abbelliscono le facciate e i vicoli dallo stile bohemien. Attorno all'elegante piazza centrale boutique, laboratori artigianali e atelier che producono manufatti di nicchia. Una curiosità: nella frazione olbiese sono state girate alcune scene del film ‘007 – La spia che mi amava del 1976. I dintorni di San Pantaleo attraversati da sentieri e mulattiere con affaccio sul mare frequentati dagli amanti del trekking.
VILLA PIERCY (BOLOTANA). Nel cuore del parco di Badde Salighes (Bolotana) è possibile visitare Villa Piercy. Una grande proprietà terriera di fine XIX secolo è divenuta nei decenni un'oasi di pace e che presenta una straordinaria varietà di piante. Il parco si estende per quattro ettari tra i rilievi del Marghine e l’altopiano di Campeda. A realizzare l'opera fu l'ingegnere gallese Benjamin Piercy, approdato in Sardegna nel 1863 per progettare la rete ferroviaria realizzata dalla società italo-inglese ‘Compagnia per le ferrovie reali sarde’. Nella sua tenuta di Badde Salighes costruì la dimora di famiglia, una maestosa villa in stile inglese. La residenza rurale, costruita tra 1879 e 1882, è sviluppata su tre livelli a pianta quadrangolare. I quattro vertici sono circondati da torrette, coperte da cupole metalliche su cui svetta un pinnacolo in ferro. All’interno della villa sono custoditi preziosi dipinti. Dopo il restauro del 2010, è aperta alle visite insieme all'orto botanico che la circonda.
COMPLESSO ARCHEOLOGICO DI SANTA SABINA (SILANUS). Il complesso di Santa Sarbana (Santa Sabina), a pochi chilometri da Silanus, sorge in una piana frequentata dai nuragici già 3500 anni, quando vi costruirono dimore e luoghi di culto. In epoca paleocristiana, accanto al monumentale nuraghe perfettamente conservato, sorse il primo nucleo della chiesa dedicata a santa Sabina, martire romana. Si tratta di una delle architetture altomedioevali più importanti dell’Isola, poi rimaneggiata tra il X e l'XI secolo. Il parco archeologico del Marghine è facilmente raggiungibile, trovandosi esattamente al km 7 della SS 129 Trasversale sarda. La torre nuragica, alta otto metri e mezzo, è databile tra Bronzo finale e recente (XIV-X secolo a.C.), era il centro di un complesso comprendente anche un grande villaggio di capanne, di cui si conservano le tracce, il pozzo sacro "Su Cherchizzu" e due tombe dei Giganti.
LOLLOVE (NUORO). Il villaggio alle porte di Nuoro è un dedalo di strette viuzze in acciottolato e case in pietra con tetti in tegole d'argilla che suggeriscono evocative atmosfere deleddiane. E in effetti la scrittrice premio Nobel ci ambientò il romanzo La madre del 1920. Il paese, abitato un tempo da pastori, vignaioli e contadini, è oggi quasi disabitato. La leggenda narra che alcune monache dell’antico monastero di via Bixio furono accusate di rapporti sconvenienti con alcuni abitanti del posto. Scoppiato lo scandalo, le religiose abbandonarono il villaggio maledicendolo: "Lollove sarai come l’acqua del mare, non crescerai né mostrerai di crescere mai!". E in effetti Lollove fu progressivamente abbandonata dai suoi abitanti. Fu Comune autonomo fino a metà dell'800, ora è frazione del capoluogo barbaricino. Al centro dell'abitato da cartolina sorge la piccola e graziosa parrocchiale di San Biagio, impreziosita da rosone e portale in trachite rosa.
ATZARA. Fra le colline del Mandrolisai, terra di ottimi vini e importanti emergenze archeologiche, il paese di Atzara è una delle perle del centro Sardegna. L'insediamento urbano conserva le architetture basse e in granito di epoca catalana. Le case più antiche presentano decorazioni a scalpello sulle cornici di porte e finestre. Il patrimonio artigianale del centro è arricchito dalla tradizione tessile (tappeti e costumi tradizionali fra i più colorati dell'Isola). Il paese ha ospitato nel Novecento i pittori costumbristi spagnoli Chicharro Agüera, Ortiz Echagüe e De Quirós, divenendo poi fucina di un linguaggio pittorico autoctono d’ispirazione iberica e meta di importanti artisti sardi: Antonio Ballero, Giuseppe Biasi, Francesco Ciusa, Mario Delitala, Stanis Dessì, Filippo Figari. Una storia testimoniata grazie al lavoro del Museo d’arte moderna e contemporanea "Antonio Ortiz Echagüe".
GAIRO VECCHIO. Ottobre 1951: dopo cinque giorni di pioggia ininterrotta il nucleo già di per sé geologicamente instabile dell'abitato di Gairo (in Ogliastra) rivelò definitivamente tutte le sue fragilità. Le strade divennero torrenti e i terreni smottarono pericolosamente verso valle. Gli abitanti abbandonarono il paese, edificando nuove case più a monte nella nuova Gairo Sant'Elena o più a valle fondando l'abitato di Cardedu e rendendo di fatto Gairo Vecchio il villaggio fantasma più suggestivo della Sardegna. La posizione strategica, che domina la valle del rio Pardu, regala ai visitatori panorami mozzafiato. Le costruzioni in granito e scisto, legati da fango o malta di calce e sabbia, vi riporteranno indietro di diversi decenni. Sbirciando dalle finestre delle case ormai in rovina sarà possibile ammirare caminetti, scale, finestre e pareti intonacate dipinte di un remoto azzurro. Tutto intorno fiorenti boschi di lecci puntellati di sorgenti perenni.
PARCO AYMERICH (LACONI). Nella regione storica del Sarcidano sorge uno dei parchi più belli dell'intera Sardegna. È il parco Aymerich di Laconi, un’oasi di 22 ettari appartenuta sino al 1990 a una famiglia di marchesi e pensata da don Ignazio Aymerich Ripoll, appassionato di botanica, che importò piante rare nel territorio a partire da metà XIX secolo. Lungo i viali della riserva si possono ammirare rigogliosi lecci, querce, olivi e carrubi, intervallati da cavità naturali, ruscelli, cascatelle e laghetti. Tante le varietà di orchidee che colorano il parco insieme a numerose piante esotiche. L’acqua è l’elemento che scorre e dona vita a un vero e proprio ecosistema di straordinaria bellezza. Particolarmente affascinante è la "Cascata maggiore", una delle tante attrazioni del parco. Una menzione meritano anche le rovine di un castello medioevale, costruito nel XIII secolo per controllare i confini tra giudicati d’Arborea e di Cagliari. L’edificio è rettangolare e su due piani, preceduto da un ingresso ad arco e attraversato da un passaggio voltato a botte che conduceva a un’ampia corte. Porte e finestre sono decorate con eleganti cornici gotico-catalane.
SAN SALVATORE DI SINIS (CABRAS). Il far west in Sardegna. E' esattamente l'atmosfera che si respira a San Salvatore di Sinis, frazione di Cabras, nell'Oristanese. A poca distanza dalla spiaggia di is Arutas e dall’antica città di Tharros, sorge un piccolo villaggio di pescatori abitato oggi solo per pochi giorni a settembre. San Salvatore fu realmente il set di numerosi film della serie ‘spaghetti western’ fra gli anni '60 e '90 del secolo scorso. Le case basse affogate nel sole, le vie polverose e addirittura un vero e proprio saloon che si affaccia sulla piazza rendono infatti evidente la somiglianza con i paesaggi di frontiera americani. La borgata deve il nome alla chiesa di san Salvatore, che sorse nel XVII secolo. Sotto la navata sinistra è conservato l’ipogeo che presenta tracce di frequentazione che arrivano sino al Neolitico. A fare da cornice alla chiesa sas cumbessias, piccole abitazioni che accolgono i pellegrini durante le novene in onore di san Salvatore tra agosto e settembre.
SAN SPERATE. Un museo a cielo aperto nel Campidano meridionale. San Sperate è uno dei centri agricoli più produttivi della Sardegna, popolato da oltre ottomila abitanti. Circondato da produttivi frutteti, il centro è noto per la produzione di agrumi e pesche oltre che per la lavorazione artistica di ceramica, ferro, cuoio e legno e la creazione di gioielli. Ma passeggiare per le vie del centro è come immergersi in una galleria d’arte. Centinaia di colorati murales, infatti, adornano le vie raccontando storia, tradizioni rurali e vita della comunità. Il ‘muralismo’ a San Sperate nasce nel 1968, quando lo scultore Pinuccio Sciola concepì il progetto di trasformare il paese in un laboratorio di creazione cui aderirono e contribuiscono tuttora artisti locali, italiani e stranieri. Lo stesso Sciola ha dato un contributo fondamentale al fermento artistico in paese con le sue celebri ‘pietre sonore’ conservate oggi nel giardino megalitico.
MINIERA DI MONTEPONI (IGLESIAS). Citata in un documento già nel XIV secolo e portata al massimo sviluppo tra il XIX e il XX, fu poi abbandonata e infine riqualificata. La miniera di Monteponi è una delle più affascinanti testimonianze dell'esperienza mineraria in Sardegna. Oggi il complesso che sorge a pochi chilometri da Iglesias è un sito di archeologia industriale compreso nel parco geominerario della Sardegna, nonché tappa del cammino minerario di santa Barbara. La storia della miniera cambia nel 1840, con la legge degli stati sabaudi che agevolava l’ottenimento delle concessioni estrattive destinate qui a piombo, argento e zinco. Fu avviato un processo di modernizzazione che vide la realizzazione di pozzi, laverie, la palazzina Bellavista, sede della direzione, e una linea ferroviaria che collegava la miniera con Portovesme. Il villaggio di Monteponi arrivò a ospitare fino a mille operai e vi sorsero ospedale, scuola, asilo e chiesa.