Niente detenzione domiciliare, né braccialetto elettronico, per Graziano Mesina, il bandito sardo - di 75 anni - arrestato nuovamente nel 2013 per associazione a delinquere per traffico di stupefacenti, accusa per la quale nel dicembre 2016 è stato condannato in primo grado a trenta anni di reclusione.

Lo ha deciso la Cassazione che nelle motivazioni di rigetto della richiesta di scarcerazione sottolinea che sono "attuali ed effettive le sue potenzialità criminogene" non "fronteggiabili" con misure meno gravose della cella.  

 Nella sua decisione, la Cassazione spiega che la posizione di Mesina è stata valutata "con esclusione di ogni congettura" da parte del Tribunale della libertà di Cagliari che per primo, nel gennaio 2017, aveva confermato la detenzione nel carcere nuorese di Badu 'e Carros per l'uomo a lungo considerato il criminale sardo più pericoloso del dopoguerra.

Dunque, nessun complotto contro di lui, nonostante Mesina abbia sostenuto di essere stato 'incastrato' e di non aver mai trafficato droga. In proposito, gli 'ermellini' ritengono che "con apparato giustificativo adeguato ed esente da vizi logico giuridici", i giudici di merito abbiano messo in evidenza "la tipologia e l'entità dei quantitativi di stupefacente commerciati e delle relative somme di danaro; l'esistenza di una solida rete di contatti con pericolosi soggetti dediti al traffico di droga; la caratura dei rapporti criminali instaurati per il traffico di un così rilevante quantitativo di stupefacente".