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La Sardegna è tra i leader europei e mondiali nella produzione di latte ovino. Le dodicimila aziende dei pastori tengono in piedi un comparto, quello lattiero-caseario e zootecnico in generale, che garantisce posti di lavoro pubblici e privati, nonché la prima voce dell’export, al netto dell’attività petrolifera. Le potenzialità del settore sono, pertanto, enormi soprattutto se la politica regionale facesse il proprio dovere: creare un sistema di governo del latte ovino che distribuisca equamente su tutta la filiera il valore aggiunto della trasformazione e commercializzazione dei prodotti caseari, ed una programmazione delle produzioni casearie.
Invece assistiamo con sconcerto ad una politica regionale inesistente. Ricordiamo che nel mese di marzo il Consiglio regionale ha approvato la misura per svuotare i magazzini dal formaggio invenduto, condizionandola ad un accordo tra pastori ed industriali su un prezzo equo del latte ovino, la contrattazione collettiva ed i contratti scritti.
Un passaggio storico, una rivoluzione culturale, che avrebbe rotto definitivamente un sistema feudale con i trasformatori che privatizzano i debiti e socializzano i profitti, lasciandoci alle spalle finalmente una politica che si lava la coscienza elargendo contributi (sulle spalle dei contribuenti) a pioggia per pagare le incapacità di chi ha sempre speculato sui pastori.
Uno strumento questo, riconosciuto e incentivato dalla Ue, che avrebbe consentito ai pastori di incassare un prezzo equo dal frutto del proprio lavoro, e costretto i trasformatori a ragionare da filiera.
Ed invece dopo neanche tre mesi di silenzio dove si è abdicato al ruolo, si torna a su connottu, con l’ulteriore umiliazione dell’assemblea dei sardi chiamata il 2 agosto a modificare la legge, innalzando lo stanziamento per il settore di 2 milioni che adesso sarà destinato direttamente ai pastori sotto forma di de minimis.
Passa un giorno e si ribalta clamorosamente il programma: da 15, i milioni diventano 45 e a settembre si modifica per la terza volta la legge e le modalità di liquidazione.
Insomma si abroga una misura di sistema senza neppure aver tentato di metterla in pratica e si stanzia il triplo dei soldi pubblici per far arrivare ai pastori (a babbo morto) un decimo di quello che avrebbero incassato dal pagamento del latte ad un prezzo equo conseguente allo sblocco del mercato. Con l'aggravante di aver burocratizzato il tutto e reso difficile e complicato quello che doveva essere facile ed immediato.
Una politica allo sbando che non ha il coraggio e l’autorevolezza di far sedere ad un tavolo i trasformatori, preferendo umiliare i pastori con una elemosina (15 giorni di mangime) che non risolverà nessun problema, facendoli apparire agli occhi dei sardi come degli assistiti.
Si arriva anche a camuffare l’intervento per il latte come misura di indennizzo dei danni causati dalla perdurante siccità (mettendoli in competizione con gli altri settori dell’agricoltura ugualmente danneggiati dalla calamità), costringendo i pastori, sotto ricatto, a fornire le fatture del latte per avere quei dati che avrebbero e devono fornire i trasformatori.
Per non parlare della vergognosa situazione del mancato pagamento dei premi comunitari dovuti che ha portato un intero settore ad un progressivo indebitamento.
Il risultato è il caos, un tutti contro tutti, con i pastori che ad oggi, atterrati anche da una grave siccità e con una nuova annata che inizia, non hanno ancora ricevuto un centesimo.
Per tutti questi motivi, quali Sindaci di comunità che vivono grazie al settore pastorale, chiediamo un immediato intervento della Regione per scongiurare il fallimento di un settore vitale per tutta la Sardegna. Non servono solo soldi, ma anche idee e capacità di metterle in pratica tempestivamente.
I sindaci di Dualchi Ignazio Piras - Ollolai, Efisio Arbau - Musei, Antonello Cocco – Gavoi, Giovanni Cugusi – Viddalba, Vittorio Ara - Ovodda, Cristina Sedda – Bono, Elio Mulas - Oniferi, Stefania Piras.