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Il cimitero monumentale di Iglesias è un vero e proprio museo di opere d’arte, un luogo suggestivo e affascinante in cui è custodita gran parte della storia della città sulcitana.
Pur non seguendo un piano regolare, il camposanto è caratterizzato da una particolare disposizione in cui spiccano zone dedicate, come il “Viale dei bambini”, luogo dolce amaro che sembra suscitare calma e tranquillità subito dopo un pianto disperato e tuttavia emana tristezza, nostalgia, tenerezza e dolcezza allo stesso tempo.
Un tripudio di emozioni da assaporare in silenzio, all’ombra dei cipressi e con il solo cinguettio di qualche passerotto in sottofondo.
Tra le varie sculture funerarie ricche di fascino e precisione, tanto da far rimanere a bocca aperta, il monumento della “bambina col cerchio” è quello più famoso, simbolo caratteristico di tutto il cimitero monumentale.
LA STORIA DELLA BAMBINA COL CERCHIO. La storia della bimba che sembra guardare i visitatori con un sorriso soddisfatto e quasi beffardo, come i bambini che sono scampati al rimprovero di una marachella, è stata tramandata di generazione in generazione dai primissimi anni nel ‘900.
Ma, come spesso succede con i passaparola, soprattutto nelle epoche passate, la vicenda è stata modificata più o meno volontariamente per renderla misteriosa, finché non venne documentata e diffusa la vera storia.
Secondo fonti certe, documentate dallo scrittore iglesiente Franchesco Cherchi nel libro "All'ombra dei cipressi", Zaira Paola Grazia nacque il 14 marzo 1895 e morì di meningite fulminante il 14 luglio 1901 in un caldo e tragico pomeriggio nella sua casa del centro storico di Iglesias via Martini, dove si addormentò per sempre sotto gli occhi disperati del papà, il conosciutissimo notaio Ernesto Deplano, e della mamma, Fanny Pinna.
Una vita di soli 6 anni spenta per sempre ma che viene tutt’ora ricordata e che ha suscitato negli anni seguenti un misto di nostalgia, tristezza, fascino e suggestione, visto che sulla morte della piccola Zaira sono state inventate varie leggende.
I suoi genitori, per commemorare la loro piccola diventata un bellissimo angelo, commissionarono allo scultore Giuseppe Sartorio la meravigliosa statua funeraria in marmo bianco da porre sopra la tomba della bambina.
Dal 1901 il monumento divenne caratteristico del cimitero monumentale, grazie alla sua bellezza e alla ricchezza di significati: il pavimento a quadri bianchi e neri che simboleggia il contrasto tra il bene e il male, una colonna spezzata e riversa che rappresenta una vita spezzata troppo presto, e poi c’è lei: Zaira.
La bimba, riprodotta fedelmente sia per dimensioni che per i lineamenti del viso, è vestita con un meraviglioso abitino e indossa stivaletti tipici dell’epoca. La sua espressione soddisfatta come dopo aver giocato, e quel sorriso beffardo si sposano benissimo con la posizione del corpo, delle braccia rilassate e delle gambe incrociate: sembra aver appena finito di spingere il suo cerchio.
Il cerchio: il suo gioco preferito. Quel cerchio che le diede la nomea con cui tutt’oggi è chiamata. Quel cerchio che si pensava fosse con lei durante la morte.
Sì, perché per un certo periodo, quando ancora non era stata diffusa la sua vera storia, si era sparsa la voce che la bimba fosse morta investita da una carrozza proprio perché stesse cercando di recuperare il suo cerchio finito in mezzo alla strada.
Invece no: si trattava semplicemente del suo passatempo preferito, e anch’esso è stato fedelmente riprodotto da Sartorio, a grandezza naturale, in bronzo lucido.
Sempre secondo quanto riporta Francesco Cherchi, la statua, forgiata nel 1901, anno della morte di Zaira, si ispirava a una foto della piccola del 1898, quando aveva solo 3 anni, per quanto riguarda il vestitino e la posizione, ma i tratti del viso sono esattamente quelli che la bimba aveva nel 1901 a 6 anni.
I decenni e le intemperie cancellarono la struggente dedica da parte dei suoi genitori scolpita sull’epitaffio: “All’angelo Zaira Deplano Pinna, inconsolabili i genitori cospargono lacrime e fiori”.
IL GRAVISSIMO SFREGIO E IL RESTAURO. Nel febbraio del 2009 la scultura fu gravemente danneggiata dai vandali nel cuore della notte. Si decise perciò di tenerla conservata altrove in attesa di essere restaurata.
Nel 2015, l’iglesiente Innocenzo Satta promosse l’iniziativa “Un cantiere per Zaira”, che puntava al completo restauro dell’opera entro l’estate di quell’anno, cosa che non avvenne. Però ci sono attualmente importanti aggiornamenti che ci ha gentilmente comunicato proprio Innocenzo Satta.
“La pressione esercitata nei confronti dell’amministrazione comunale, unita al grande seguito che via via è cresciuto con numeri sempre più importanti, è durata nel tempo ma ha portato a un finanziamento di 120 mila euro” spiega Innocenzo Satta.
“È stato quindi presentato alla soprintendenza il progetto di restauro, che vede interessati ben 4 monumenti presenti in città, Quintino Sella, I Caduti, opera di Ciusa, Zaira e una delle sorelline Bolletti, danneggiata nel raid che ha visto Zaira protagonista. Inoltre è stata individuata la ditta che opererà in tal senso e i lavori avranno inizio a breve” spiega Satta.
Ora inizia un'altra fase per dimostrare che la sistemazione in loco della bambina si trasformerà in una fase di rilancio del modello culturale del territorio. Infatti, a brevissimo, verranno resi noti i progetti innovativi e funzionali allo scopo”.
“Tutto questo senza mai aver attinto a nessun genere di finanziamento pubblico e non prevedendolo neppure in seguito. Non mancherà la collaborazione di associazioni, artisti e professionisti locali” conclude Innocenzo Satta.
Per quanto riguarda la vandalizzazione, i motivi vennero inizialmente ricondotti ad atti goliardici, a “ragazzate”, ma, come riporta “La donna sarda”, “un’analisi più attenta ha rilevato la probabile responsabilità di gruppi dediti a riti satanici”. Che le cause fossero da collegare alle macabre leggende sorte negli anni dopo la morte della bambina? Di sicuro è stato un atto gravissimo e orribile.
LE LEGGENDE SU ZAIRA. Le storie suggestive miste a tristezza e dolcezza, ma con tratti horror, che sono state inventate su Zaira, sono conosciute a tante generazioni. Purtroppo potrebbero essere state utilizzate come pretesto da chi ha compito l’orribile sfregio nel 2009, ma attualmente non ci sono prove per stabilirlo.
Le leggende venivano raccontate soprattutto dalle persone anziane ai bambini, probabilmente per evitare che toccassero il cerchio o la statua stessa in cimitero.
Si tramandava che Zaira, ogni notte a mezzanotte, scendesse dalla colonna per giocare con il cerchio per tutto il cimitero, e che ogni 2 novembre, giorno di commemorazione dei defunti, la piccola apparisse sui tetti delle case del centro storico per chiedere ai bambini se volessero giocare con lei. Tratto horror di quest’ultima leggenda è che a ogni risposta affermativa, il bimbo in questione morisse.