Sulla prima pagina del quotidiano L’Unione Sarda di ieri spiccava la notizia di una ragazza di Ovodda che quindici giorni fa circa, in preda ai dolori causati da un’emorragia interna, aveva impiegato cinque ore per raggiungere l’ospedale di Nuoro passando per Sorgono.

Dopo un primo controllo si è reso necessario l’intervento urgente dell’ambulanza per il trasporto della donna al pronto soccorso. I volontari di Gavoi sono arrivati a Ovodda in pochi minuti, ma quando dalla centrale del 118 di Sassari l’indicazione è stata quella di raggiungere l’ospedale di Sorgono piuttosto che quello di Nuoro si sono vissuti momenti di panico. <<Il medico di base di Ovodda - racconta il marito della donna - ha spiegato all’impiegato del 118 che parlava al telefono che al San Camillo il reparto di ginecologia era stato chiuso e che la donna doveva essere urgentemente visitata. L’unica soluzione era quella di fare tappa a Nuoro, ma la centrale operativa non è ha voluto sentire parlare, perché continuava a sostenere che quello era il nosocomio più vicino, e così l’ambulanza ha intrapreso il viaggio per Sorgono. Dopo ben 47 minuti di viaggio, di solito il tempo per raggiungere il centro del Mandrolisai è di 25 minuti, i medici hanno chiesto a mia moglie se fosse incinta. Lei non lo sapeva e così dopo un prelievo del sangue abbiamo scoperto che c’era una gravidanza in corso e che i dolori erano il sintomo di una minaccia d’aborto>>.

Preso atto della situazione, la donna è stata fatta trasportare d’urgenza sempre in ospedale a Nuoro dove è arrivata alle 19.20. Alle 20.00, dopo controlli più accurati, la signora è stata sottoposta ad un intervento perché le è stata diagnosticata una gravidanza extrauterina.

L’articolo ha, ovviamente, scatenato una rissa di opinioni e acceso il dibattito su tanti temi ed in particolare sull’opportunità di mantenere attivo un presidio sanitario importantissimo come quello di Sorgono che consentirebbe di garantire a diversi centri collocati in aree territoriali estremamente disagiate dal punto di vista delle distanze e della percorribilità stradale, emergenze, soccorso e cure.

A pagina 36 dello stesso quotidiano, ma in edicola questa mattina, il problema si ridimensiona e focalizza l’attenzione sulla tragedia inevitabile della perdita del feto in quanto “la gravidanza extrauterina non evolve mai, si perde automaticamente”.

Purtroppo è così e come si sottolinea nello scritto: “nella letteratura scientifica non esisterebbero casi di un bambino nato dopo una gravidanza di questo tipo”.

Il punto centrale della vicenda non è soltanto il dramma personale dovuto all’aborto spontaneo che la giovane coppia di Ovodda ha vissuto e che ha mosso un sentimento di vicinanza da parte di tutti.

Il punto centrale di tutta la vicenda è anche e soprattutto il rischio che quella donna ha corso nelle cinque ore di percorso tra strade impervie alla ricerca di un approdo che le garantisse di accertare quali fossero le cause che le procuravano tanto dolore.

Il punto centrale di tutta la vicenda è capire per quale motivo reale si vuole arrivare a chiudere definitivamente una struttura come quella di Sorgono che negli anni ha visto depotenziati servizi e reparti in un’area di montagna popolata da migliaia di persone esposte al rischio di un’emergenza costante che la politica dei tagli non tutela.

La vicenda di Ovodda invita a riflettere su diverse questioni che riguardano la qualità dei servizi, la tempestività degli interventi, la necessità di destinare maggiori risorse ai centri di un’area che non può essere ulteriormente confinata nel suo isolamento.

La vicenda di Ovodda esplode in un momento delicato e caratterizzato dal fermento in atto sul fronte della sanità che la discussione inerente la riorganizzazione e razionalizzazione dei servizi da parte della Regione