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In una tradizione fortemente popolare come quella sarda, credenze e superstizioni rappresentano aspetti fondanti della quotidianità e influenzano in maniera determinante il pensiero collettivo e l'operato delle comunità. Fra quelle maggiormente caratterizzanti della cultura isolana vi è senz'altro il malocchio, che si identifica nel potere dello sguardo di causare effetti sulla persona osservata. Nella maggior parte dei casi ha conseguenze negative, atte a portare malasorte a persone invidiate o detestate, ma talvolta anche positivo, così da garantire salute e protezione a persone care.
SINTOMI DEL MALOCCHIO. Tale pratica ha origini molto antiche, ed è riuscita sopravvivere al susseguirsi di epoche storiche e progressi scientifici, che ne hanno sì fortemente attenuato la rilevanza all'interno della sfera sociale, senza tuttavia riuscire a limitarne completamente la tradizione. I sintomi "maligni" del malocchio sulla persona presa di mira dal sortilegio provocano un senso di malessere fisico e mentale, accompagnato da stanchezza e molto spesso mal di testa. La vittima prova uno stato di costante agitazione e fatica ad addormentarsi, con possibile conseguente sensazione di nausea e vomito.
In Sardegna, il portatore di malocchio viene denominato s'oghiadori, spinto da un risentimento verso le sue vittime. Molto spesso, per far sì che funzionasse bastava anche una bugia, come un finto complimento o un falso sentimento di ammirazione da parte di una persona poco fidata. Generalmente sos oghiadoris riconosciuti come tali all'interno di una comunità appartengono ad un unico ceppo familiare, e trasmettono ininterrottamente tale potere, di generazione in generazione.
CURE E RIMEDI. Tradizionalmente si ritiene che ad essere maggiormente colpite dalla maledizione siano le persone di "sangue debole" e i bambini. Un rimedio comune utilizzato per proteggere questi ultimi era quello di fargli indossare gli indumenti al rovescio, nascondendo tra le fasce qualche foglia di prezzemolo o legandogli un nastro verde al polso, Talvolta si utilizzava mettergli al collo su pinnadeddu (una pietra nera), o un frammento di corno di cervo trattato, accompagnando il gesto con formule magiche.
Un'altra pratica diffusa per contrastare il malocchio era quella degli scapolari, piccoli sacchetti di stoffa il cui contenuto poteva variare (grano, spilli, sale, palme benedette e quant'altro) e che andavano portati con sé perché facessero da scudo a occhi indiscreti.
SA MEXINA DE S'OGU. Fra tutti i metodi adottati, all'interno della vasta comunità isolana quello più diffuso è senz'altro quello de sa mexina de s'ogu (In una recente intervista Tzia Rosa, un'anziana guaritrice, ha raccontato a Sardegna Live come si esegue questo peculiare rito), un'antica pratica sarda che tutt'oggi viene adottata da una ristretta cerchia di persone. Fra i numerosi rituali magici-terapeutici, la medicina dell'occhio è l'unico di cui si abbia testimonianza in tutte le province dell'isola. La curatrice che effettua questo rito viene comunemente chiamata maiargia.
Sono differenti i modi in cui questa viene praticata, uno dei più efficaci si riteneva fosse se questo veniva eseguito da tre donne di nome Maria (Tres Marias), oppure quando la maiargia pronunciava su miserere. Sebbene ormai siano poco frequenti, certe usanze raccontano in maniera genuina la tradizione della Sardegna, che di miti e leggende, di credenze popolari e religiose, ha forgiato una delle culture più fortemente identitarie e caratterizzanti del mondo intero.
Foto Regione Autonoma Sardegna