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Nell'estremità a sud ovest della Sardegna sorge l’isola di San Pietro, seconda dopo Sant'Antioco nell’arcipelago del Sulcis. Qui nasce Carloforte, incantevole borgo isolano le cui origini risalgono al XVIII secolo, dopo la colonizzazione dell’isola – allora disabitata – da parte dei genovesi provenienti da Tabarka. Un legame, quello con la cultura ligure, che sopravvive tutt’oggi, e che è fortemente percepibile anche solo addentrandosi nel centro abitato, fra vicoli e viuzze colorate, scorci e vedute sul mare, porticcioli e antiche fortificazioni. Un diamante incastonato nella roccia, fra scogliere frastagliate e acque cristalline, teatro di vicende che nei secoli passati hanno profondamente riscritto le cronache del territorio. È in questo contesto che si è sviluppata la storia della famiglia Pomata, che oggi trova massima rappresentazione in Luigi, lo “chef del tonno rosso” che ha saputo valorizzare, portandola a tavola, la tradizione della sua isola proseguendo il lavoro iniziato da suo nonno prima, anche lui Luigi, e da suo padre Nicolò poi.
Proprio nel ristorante di famiglia “da Nicolò” Luigi Pomata muove i primi passi. Accogliente locale sul lungomare Battellieri, dalla cucina arrivano profumi e sapori della tradizione carlofortina, in un intimo percorso culinario che da nonno Luigi attraversa la storia sino al Luigi nipote. Storia che non si ferma però alle radici, e che con il figlio d'arte valica i confini della Sardegna e dell’Italia, quando dopo il diploma alberghiero decide dapprima di fare importanti esperienze in giro per lo Stivale, poi di ampliare le proprie conoscenze nel continente e oltreoceano, a New York da Sirio Maccioni e a Londra con Marco Pierre White. Un peregrinaggio indispensabile, che come spesso accade si conclude col ritorno a casa. Oggi Luigi Pomata ha tre ristoranti a Cagliari (Ristorante, Bistrot e Next), ognuno con una sua proposta senza però venir meno alla filosofia dello chef. Abbiamo avuto modo di parlare con l’esperto ristoratore carlofortino, che ci ha condiviso idee e pensiero culinario, riflessioni e considerazioni sul mondo e sullo stato attuale della ristorazione, in particolare quella isolana.
Nasce tutto, come accennato, dalle origini: “Hanno influito tanto: nascendo in un’isola, abituato a viaggiare e a stare in cucina è inevitabile”, racconta. Il suo è stato un percorso “voluto”, che lo ha portato a conoscere storie e culture differenti: “Se lo fai con passione è tutto più semplice: devi farlo, devi volerlo e devi capire che ogni posto è differente. I miei viaggi mi hanno aiutato ad aprire la mente, ho visto come funziona il mondo e mi sono confrontato con altre persone e culture, senza tutto ciò non vai da nessuna parte”. Cucina e cultura, dunque, o meglio: cucina è cultura. Per far sì che la proposta sia creativa, attraente e mai banale è necessario che un grande chef attinga e assorba informazioni, vicende, esperienze e stralci di vita quotidiana, così è stato ed è ancora oggi per Luigi Pomata: “Alla base della mia idea di cucina vi è il mercato locale – spiega –. Ma in generale si può trarre ispirazione da qualsiasi cosa: un quadro, una mostra o un semplice disegno. Girando ti confronti coi colleghi, assaggi e provi cose nuove. Da lì ti rendi conto di come si evolvono i gusti, sempre nel rispetto delle tradizioni”.
Il prezioso tonno rosso, cavallo di battaglia della cucina di Pomata, rivela la sinergia dello chef col suo territorio. Quella di Carloforte è infatti una delle ultime tonnare ancora attive nel Mediterraneo. In passato era il sistema più diffuso per pescare il tonno, oggi è un rito che esiste, e resiste, all’interno della comunità tabarchina. “Se Carloforte esiste, esiste grazie alla tonnara – sottolinea il 51enne figlio d’arte –. Senza di essa, un tempo, non ci sarebbe stato niente con cui sfamarsi durante l’inverno. Rendere omaggio al tonno significa rendere rispetto a Carloforte, alla sua storia e a chi la abita. Da qui è nata l’idea del ‘Girotonno’, che ha fatto da volano al paese e permette di far conoscere il tonno carlofortino, il migliore al mondo. Ne ho fatto un cavallo di battaglia perché racconta una storia: non ho preso il salmone dell’Alaska, ho lavorato con un prodotto del nostro territorio”.
Varietà e ricchezza di prodotti rendono la nostra una terra speciale, fonte inesauribile di materie prime, uniche e pregevoli, ma a che punto è la ristorazione sarda sotto l’aspetto della valorizzazione e della proposta? “Si sta muovendo ma – ammette – col freno a mano tirato. Fortunatamente abbiamo dei ragazzi giovani e validi, siamo un po’ legati ma un passo alla volta la squadra si fa, le giovani leve stanno uscendo fuori. Finché non si migliorano i servizi, i trasporti e i collegamenti come fai a valorizzare le tue ricchezze? Bisogna sempre lavorare pensando al mercato che si ha, se questo non si espande viene tutto più difficile”. Aprendo un confronto più ampio sul settore della ristorazione, e più in particolare sulla sua crisi, il navigato cuoco isolano non ha dubbi su quale sia il problema principale leggendo i dati sconfortanti sulle chiusure dei locali nell’ultimo anno: “I numeri si leggono in fretta – commenta –. Il nostro è un settore dato in mano agli improvvisati: tu puoi aprire un locale e giocare con i soldi della gente, che regole ci sono nella ristorazione? Un domani hai due soldi e apri un ristorante, con che logica? Con quale esperienza? Come tutti i lavori, se non fai attenzione ti fai male: compri e maneggi cibo che si deteriora facilmente e sei soggetto ad avere dei dipendenti. La chiusura è dovuta anche a questo: a tante improvvisazioni”.
Complice lo stop forzato dalla pandemia e la conseguente crisi, Pomata individua anche altri due problemi legati al momento di difficoltà del settore: “Il personale e una pressione fiscale asfissiante. Siamo vincolati ad avere il personale, ma coi costi che abbiamo siamo costretti a ridimensionare il servizio”. Affinché una squadra funzioni è necessario agevolarne esigenze e necessità: “Il personale va rispettato, dagli orari ai giorni di riposo. C’è tanto lavoro da fare, però non dipende da noi – ribadisce – perché siamo vincolati ai costi che abbiamo. La ristorazione è un’industria, io devo fare l’imprenditore. Se non rispetto i costi chiudo i battenti. Se l’amministrazione non ci viene incontro noi non possiamo andare avanti”. Nonostante vincoli e difficoltà che si possono presentare in un percorso come questo, lo chef guarda al futuro con fiducia: “La nostra volontà è quella di fare sempre meglio rispettando sempre la tradizione. Vorrei un po’ più di unione in Sardegna e più valorizzazione del territorio, è un pensiero che cerco di portare in giro anche nelle trasmissioni: più squadra, più risultati”.
La via è già tracciata, per Luigi Pomata i modelli da seguire ci sono, e sono a noi vicini: “Dai francesi non abbiamo imparato niente, loro ti vendono anche l’acqua della Senna, sono uniti tra di loro. Fanno vedere al mondo che sono un gruppo di artigiani, hanno creato un indotto con agricoltori, allevatori e cuochi, e lo Stato è il primo supporter di questo settore. L’artigianalità in Italia è stata snobbata, ma sono gli artigiani che raccontano una terra, una cultura, un territorio”. E un discorso a parte va fatto per la Sardegna: “C’è quel famoso detto, ‘se tu hai un occhio solo io te lo accieco’. Le generazioni stanno cambiando, ma c’è ancora quella punta di gelosia che ci portiamo dietro da vecchi retaggi. Oggi i ragazzi escono, conoscono, si confrontano; bisogna lasciarsi indietro questo capitolo di rancori e gelosie. Facendo squadra – sottolinea ancora – vai avanti”. Da questa filosofia nasce l’idea del “Girotonno”, kermesse gastronomica che annualmente si svolge a Carloforte: “Così - conclude - abbiamo portato giovani ragazzi sardi davanti alla stampa internazionale, facendoli confrontare col mondo a casa loro. Una grande soddisfazione che ha permesso inoltre di far conoscere Carloforte e il suo pregiato tonno grazie a un lavoro di unione e collaborazione”.