La decima edizione di Sestos non ha deluso le attese della vigilia e ha confermato ancora una volta quanto questa manifestazione sia ormai entrata di diritto nel panorama degli appuntamenti culturali della Sardegna.

Tutto questo grazie all’Associazione Ittiri Cannedu e al curatore Gian Mario Demartis che, ancora una volta, sono riusciti nell’intento di riempire la sala del Teatro del Centro per le Arti

L’evento, che si è celebrato lo scorso fine settimana, è stato anticipato dall’importante mostra “Trame Pittoriche del ‘900 sardo. Sestos” , inaugurata alla Pinacoteca Nazionale di Sassari e che si è deciso di prolungare sino a venerdì 5 aprile.

Molto apprezzata l’esposizione sui 10 anni del convegno allestita in una delle sale del Centro per le Arti di Ittiri. Particolarmente apprezzati i reperti storici di abbigliamento tradizionale presenti: dalle rare” donnine” delle sorelle Ruiu di Sassari, risalenti al 1954, agli abiti feriali di Ittiri, a rarissimi indumenti di Osilo, Cossoine, Bonorva, Mamoiada, Orosei e di molte altre località sino al “ museale “ abito femminile di gala di Ploaghe, risalente alle metà del 1800, identico a quello raffigurato in stampe coeve.

Presentato da Maria Caterina Manca, il convegno si è aperto con la relazione di Giuseppe Piroddu di Sennori, sarto specializzato nella confezione e nel ricamo di “ costumi popolari”, che ha illustrato i principali aspetti e problemi della sua attività, dal reperimento dei materiali sino al taglio ed alle finiture, fornendone esempi tramite immagini di abiti realizzati dal suo laboratorio.

Giovanni Pancrazio Deperu (demoantropologo e rappresentante del Museo Etnografico dell’Anglona di Perfugas), ha posto l’accento sulle specificità del “costume anglonese”, tracciandone un quadro evolutivo e distinguendone le componenti, fra Logudoro e Gallura.

Gian Mario Demartis ha parlato degli influssi religiosi identificabili negli abiti tradizionali sardi ed in particolare in quelli di Ittiri, dai gioielli alle simbologie nascoste nelle decorazioni.

Il premio “Manos de Oro” è stato assegnato quest’anno a Vincenzo Marini, noto orafo e argentiere, che ha messo in risalto i caratteri tipologici e tecnici dei bottoni “A marzeddu”, accennando alle denominazioni tradizionali desumibili da atti e testamenti del passato e ponendo l’accento sui “bottoni sardi” di tipo più antico, caratterizzati da lamine tirate a martello e da vari tipi di traforo. Questa la motivazione: “Per la pluriennale attività di orafo e argentiere e per l’insegnamento delle tecniche della lavorazione dei metalli a numerosi allievi presso l’Istituto Statale d’Arte di Sassari”.

Molto applauditi anche gli intermezzi musicali di Sabrina Sanna di Quartu Sant’Elena e Gavina Fiori accompagnate rispettivamente dalle chitarre di Alessandro Melis e Tore Matzau. Chiusura alla grande con il coro femminile “N.S. di Monserrato” di Ittiri diretto dal Maestro Marco Maiore.