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“Io inseguo la pienezza della vita cercando di essere l’ultimo della fila, io sono per l’amore universale”.
Fra Lorenzo se n’è andato così com’era vissuto: umilmente e accompagnato da un amore senza fine.
Ascoltava la voce dei boschi e i sussurri della natura, segnali di Dio che per lui si manifestavano attraverso il creato.
Meditava, navigando tra i pensieri di un’esistenza tanto semplice quanto straordinaria.
Era un uomo felice, un frate che non poteva dire messa e nemmeno confessare.
Una sera l’ho incontrato, sul palco e in prossimità del Natale. Ho cantato per lui mentre mi teneva la mano.
Ho avvertito forte l’energia che emanava, travolgente come una dolcezza improvvisa.
Intorno a noi centinaia di bambini facevano il coro dentro un abbraccio di voci.
La sua lunga barba, bianca e selvaggia, si apriva sul sorriso che sgorgava dagli occhi.
Le storie degli altri hanno attraversato la sua lunghissima vita, si sono stagliate dentro di lui, rimescolate.
In una piccola stanza Fra Lorenzo riceveva anche duecento persone al giorno. “Leggeva” le persone, ne scorgeva la luce.
In tanti hanno trovato conforto nelle sue parole e nei suoi silenzi.
In tanti hanno riposto in lui la speranza di una guarigione, un male da sconfiggere, un’ombra da allontanare.
Sotto il saio nascondeva un mezzo guanto di lana scura che conservava come una reliquia: era appartenuto a Padre Pio e lo aveva ricevuto in dono da Fra Nazzareno poco prima di morire.
Il suo cuore nutrito di poesia non è mai invecchiato e adesso che ha smesso di battere cammina altrove, “immerso nella presenza di Dio”.