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La Sardegna vanta da sempre eccellenze gastronomiche, invidiate e diffuse in tutto il mondo, grazie all’unicità dei prodotti ricavati dal suo territorio. Una tradizione culinaria senza tempo, che vanta ricette e preparazioni tramandate nei secoli e giunte sino ai giorni nostri. Una terra talmente ricca da permettere ai produttori locali di sbizzarrirsi, dando vita a profumi e sapori del tutto innovativi, un tempo sconosciuti. È proprio dalla conoscenza del territorio e dalla ricerca accurata del prodotto che nel piccolo centro gallurese di Nuchis, frazione di Tempio, nasce Làndhe, la prima acquavite di ghiande al mondo. Si tratta di un distillato unico nel suo genere, concepito dalla mente del titolare dell’Azienda Agricola “Frutti di Bosco”, Fabio Depperu. L’azienda, spiega lui stesso a Sardegna Live, nasce nel 2009, specializzata come facilmente intuibile dal nome nella produzione dei frutti di bosco. Dieci anni più tardi, nel 2019, Depperu decide di coltivare la sua passione di sempre, dando vita alla microdistilleria artigianale Arsura, con l’idea iniziale di produrre acquaviti di frutta.
LÀNDHE. “Essendo molto legato alla mia terra volevo riprendere in mano la tradizione sarda. Ho iniziato con un distillato già presente in Sardegna, quello di corbezzolo – racconta -, ripreso in mano dandogli un tocco diverso e rendendolo unico con un passaggio in legno di acacia. Anche il distillato di frutti di bosco è presente nei mercati a livello mondiale, ma esiste soltanto il monofrutto. Qua si prepara il distillato di un frutteto unico in Sardegna poiché, che io sappia, nell'Isola non esistono altre realtà in cui si coltivano e vendono frutti di bosco, e lo prepariamo con l’utilizzo di un mix di frutti (lamponi, mirtilli, more ecc.) lasciandolo bianco”.
Successivamente nasce l’idea di un distillato di ghiande: “A differenza degli altri frutti, come corbezzolo, uva, mele o pere, che possiedono uno zucchero semplice fermentescibile, la preparazione dell’acquavite di ghianda procede invece sulla scia dei più pregiati distillati (whiskey, ruma, vodka, tequila), poiché come in questi viene lavorata una materia prima contenente amido. Nessuno prima aveva mai lavorato in distillazione la ghianda, che in Sardegna gode di un’importante tradizione, dovuta al fatto che un tempo fosse molto comune fra le famiglie povere, poiché considerato un surrogato della castagna e veniva consumata anche bollita. La Sardegna è inoltre conosciuta a livello mondiale per il suo sughero, quindi mi sono domandato: perché non provare a valorizzare il frutto di questa pianta così nota in tutto il pianeta?”.
UNICITA' E INNOVAZIONE. La ghianda da sughera, frutto appunto della quercia, trova in Sardegna l’habitat ideale, terra incontaminata in cui la vegetazione cresce rigogliosa. Le ghiande raccolte manualmente vengono essiccate e poi distillate, per dar vita a un prodotto unico. “Noi – spiega – crediamo che il nostro prodotto possa vantare delle caratteristiche che gli permettono di distinguersi nel settore: a livello olfattivo e organolettico chi assaggia il distillato di ghiande prova una sensazione unica, poiché la nostra mente non riconosce sapori e profumi, completamente sconosciuti. Noi sì, ci mettiamo in coda con la tipologia di lavorazione, ma poi ci distacchiamo immediatamente. Dunque, l’unicità non sta solo nella lavorazione della particolare materia prima, ma anche nella caratterizzazione. Mi spiego meglio: un classico distillato di cereali o di frumento è caratterizzato dai legni, che ne conferiscono l’impronta e l’anima. Noi ci siamo voluti differenziare, non aggiungendo niente: né zucchero, né caramello o glicerina, né tantomeno viene effettuato alcun passaggio in legno. Il colore ambrato è dato da un procedimento secretato che rende il distillato più abbordabile a livello di mercato, cercando di rimanere in coda a quelle che sono le tendenze ma mantenendo il prodotto in purezza”.
Un procedimento, quello di produzione, piuttosto complesso, che dinnanzi a sé ha trovato non pochi ostacoli: “Sono state numerose le problematiche a cui ovviare. Nessuno strumento era stato ideato prima di quel momento per lavorare le ghiande. Io lavoro con dei prototipi, progettati per poter fronteggiare una materia prima così diversa”. Una serie di passaggi che proietta inevitabilmente il prodotto in un mercato di nicchia: “Anche il semplice alambicco è stato ideato ad hoc. È molto piccolo (140 litri) poiché le quantità lavorabili sono poche, le rese sono bassissime e i costi sono altissimi, e ciò ci costringe a focalizzarci su un certo tipo di mercato, sia per i costi di produzione che per la tiratura limitatissima. Nel 2020 abbiamo chiuso con 447 bottiglie da 35 cl. L’inconveniente è rappresentato dalla variante ghianda, che non essendo biologica ma selvatica, non ci permette di gestire la materia prima, oggetto di intemperie”. L’obiettivo, pur rimanendo su standard di produzione ridotti, è quello di incrementare la quantità di distillato: “A livello doganale ho un massimale di produzione di 300 litri anidri, e a conti fatti potrei arrivare più o meno a 2mila bottiglie”. Un numero ampiamente soddisfacente, poiché, come precisa Depperu, “lavoro da solo, non ho dipendenti; quindi, non riuscirei a produrre più di tanto”.
NASCITA DEL PRODOTTO E DIVULGAZIONE. Dietro il prodotto finito un lungo e faticoso lavoro: “Ho una casa in campagna da 90 mq: nel pianterreno viene effettuato lo stoccaggio, mentre il primo piano è adibito ad opificio, dove sono presenti un alambicco, un bollitore, due fermentatori e la zona di lavoro. Non possiedo una pompa di travaso e non c’è niente di elettronico, neanche l’etichettatrice. Ho una riempitrice che mi garantisce i 35 cl di imbottigliamento. Lavoro tutto manualmente, seguendo bottiglia per bottiglia, occupandomi anche del banale contrassegno di stampo. Anche le operazioni di ‘packaging’ sono gestite interamente in Sardegna, e nel mio piccolo ho provato a curarlo nei minimi dettagli. Quella di creare un prodotto sardo a 360° è stata una scelta maturata dalla volontà di promuovere un prodotto che rispecchiasse il più possibile l’identità del territorio”.
Per far sì che il distillato raggiunga un pubblico sempre più vasto, Depperu si è avvalso dell’aiuto e delle competenze di altri esperti del settore, oltre che di finanziamenti necessari per portare avanti l’attività. “Il progetto è stato abbracciato e supportato da un finanziamento europeo, promosso dalla Regione, che rientra nel Psr. I soldi, che arrivano un po’ alla volta, non possono logicamente sanare la spesa in toto ma sono fondamentali per far sì che l’attività sia sostenibile. La pandemia non ha certo aiutato e le difficoltà non sono poche, la più grande delle quali quella di far conoscere il distillato: come faccio a comprarlo se non so che esiste, e anche venendone a conoscenza perché dovrei spendere ingenti somme di denaro? È qui che entrano in gioco alcune figure decisive. Il progetto è supportato a livello tecnico-scientifico dall’Università di Udine, nella persona del professor Franco Batistuta, che si occupa appunto delle lavorazioni in laboratorio. Qua in Sardegna ci siamo affiancati a vari professionisti del settore fra cui, su tutti, quelli dell’Unilavoro, capitanati da Mario Ara. La società si occupa della divulgazione di tutto il processo di lavoro e sacrificio che precede la realizzazione del prodotto finito. Si tratta di seminari divulgativi che si concentrano principalmente sulla parte tecnica e di workshop che invece abbracciano il settore più puramente pratico della ristorazione”.
DISTILLATO DI NICCHIA. È proprio Mario Ara, presidente della Unilavoro Sassari, a spiegarci come avviene la fase di divulgazione del prodotto: “Ci occupiamo dell’organizzazione di eventi che coinvolgono anche importanti personalità nel mondo della gastronomia. Ecco, il nostro ruolo è quello di far conoscere al pubblico un prodotto unico al mondo. Essendo un’associazione abbiamo messo in moto un meccanismo di contatti a livello nazionale e questo ci ha permesso di presentare il distillato all’interno di diverse realtà. Ritengo che l’acquavite di ghiande sia molto apprezzata, ma naturalmente va colmato quel piccolo gap dovuto alle iniziali difficoltà nella divulgazione. L’obiettivo è di stare sempre al fianco delle nostre aziende, supportando e soprattutto promuovendo l’innovazione”. Un lavoro, già di per sé complicato, frenato dall’irruenta entrata in scena della pandemia. “Non è facile per le aziende che hanno esigenze particolari e necessità in termini conoscitivi di essere portate all’esterno del territorio. Va tenuto presente, però, che questo ha rallentato anche il sistema di produzione dell’azienda”.
Adesso si guarda al nuovo anno con fiducia: “Nel 2022 siamo pronti a sbarcare in qualsiasi mercato. Le prospettive sono ottime e, insieme al produttore, ce la stiamo mettendo tutta. Abbiamo ancora dei passaggi importanti da fare e diversi personaggi illustri del mondo gastronomico, che godono anche di riconoscimenti come le Stelle Michelin e che sono proiettati a un mercato internazionale, sono già venuti a conoscenza del prodotto e stanno cercando di promuoverlo. Questa fiducia – conclude Ara – è rafforzata dall’originalità del progetto e dalla qualità del prodotto, che con duro lavoro può regalare grandi soddisfazioni”.