Era il 29 gennaio 2015 quando il campo rom dell’Arenosu, Alghero, fu sgomberato e alle 13 famiglie, (cinquantotto nomadi, di cui 30 bambini) fu data una casa, dando così il via al uno dei progetti dell’Unione Europea rivolto a contrastare gli elevati livelli di esclusione sociale e povertà che affliggono le comunità rom.

Da quel giorno sono trascorsi 6 anni e l’allora sindaco della città catalana, attualmente consigliere comunale, Mario Bruno, torna sul tema e oggi lancia un appello al primo cittadino Mario Conoci, al Presidente della Regione Christian Solinas e alla Prefetta di Sassari, la Dott.ssa Maria Luisa D’Alessandro.

“Mi permetto di rivolgere un appello accorato affinché non si interrompa nella Città di Alghero il progetto di inclusione sociale delle famiglie algheresi di etnia rom avviato nel gennaio 2015 con la chiusura di un campo nomadi dell’Arenosu (Fertilia), disposto in collaborazione con la Prefettura di Sassari”, inizia così la lettera di Bruno.

“Si tratta di tredici famiglie, con 50 minori nati ad Alghero, che – dopo lo sgombero del campo – hanno avuto dal Comune, in collaborazione con l’ASCE Rom e la Diocesi di Alghero, una casa di civile abitazione in affitto, nei vari quartieri della città, sulla base di un contributo della Regione finalizzato e vincolato proprio all’inclusione sociale delle famiglie rom”.

“Parallelamente – spiega Mario Bruno - anche per evitare una inutile guerra tra poveri, la Regione con l’Agenzia AREA ha destinato 3.6 milioni per 25 alloggi popolari da destinare agli algheresi in graduatoria, aggiuntivi rispetto ad altri alloggi (10+7) già consegnati negli scorsi anni a Loretella e al Carmine. Quei 3.6 milioni sono ancora nelle casse pubbliche in attesa che il Comune riavvii un bando per acquistare case da privati, nel libero mercato, come autorizzato da AREA. Sono fortemente in ritardo anche le costruzioni di ulteriori 40 alloggi tra Caragol e Carrabuffas, già finanziati da tempo. Una situazione insostenibile per quasi 500 famiglie senza casa”.

Continua l’ex sindaco: “Lo sblocco della realizzazione di case per tutti coloro che ne hanno diritto renderebbe più agevole anche il proseguimento del progetto per le famiglie rom. Ai tredici nuclei sgomberati dal campo, si sono aggiunti in questi anni altri quattro nuclei familiari di ritorno, con 25 minori, portando a 75 il numero di minori di etnia rom sul nostro territorio. Tutti vanno regolarmente a scuola. Dopo oltre sei anni di inserimento nelle case – per diversi nuclei di indubbio successo – circa la metà delle famiglie vivono oggi in situazioni di grande precarietà, quattro nuclei sono tornati a vivere in roulotte o camper, diverse famiglie hanno avuto sfratto per morosità. C’è il rischio che il progetto d’inclusione sociale, considerato una buona prassi nazionale e anche recentemente inserito nel rapporto “migrantes” come modello per i comuni italiani, venga reso vano e addirittura si riformino campi rom ormai fuori dalla storia”.

“Per questo – conclude Mario Bruno - chiedo che venga attivato un coordinamento fra i soggetti attuatori del progetto d’inclusione sociale (Regione, Comune di Alghero, Diocesi, Asce Rom) per trovare soluzioni nella direzione della civiltà e del rispetto per le persone e soprattutto a tutela dei minori, anche attraverso l’eventuale e gradito intervento della Prefettura, sempre attenta alle situazioni di disagio sociale. Mi permetto anche di chiedere alla Regione e al Comune di Alghero che vengano realizzati gli interventi di edilizia popolare già finanziati a favore degli aventi diritto di tutta la comunità algherese”.

Nel video in basso: Alghero, 29 gennaio 2015 sgombero del campo Rom

Video in basso: speciale campo rom, 6 maggio 2013